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Il cibo come forma di ricatto

Capita spesso che i genitori mettano in scena comportamenti ricattatori verso i figli quando questi rifiutano il cibo o non mangiano quello che dovrebbero. Spesso, però, i disagi alimentari dei bambini nascondono una richiesta di aiuto che il ricatto banalizza e non accoglie.

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Il cibo come forma di ricatto



Se non finisci la pasta, non puoi guardare i cartoni! è un intervento genitoriale dalla valenza ricattatoria, che spesso nasce da un’insofferenza o come tentativo di poter ottenere qualcosa dal proprio bambino.
Spesso queste forme di comunicazione sono caratteristiche del momento del pasto, quando tutta la famiglia è riunita intorno alla tavola e un figlio che chiude la bocca davanti al piatto, può generarle.
Se da un lato, questi interventi possono permettere al genitore di ottenere un qualcosa, come l’assunzione del pasto, dall’altro rischiano di snaturare il significato primario dell’alimentazione e di fare dell’atto nutritivo uno strumento di potere.


Questi interventi genitoriali non solo confondono il bambino, ma propongono anche un uso ricattatorio del cibo a cui il bambino potrebbe fare ricorso per ottenere dell’altro.

DISAGI ALIMENTARI PIU' CHE VERI E PROPRI DISTURBI
All’interno dell'Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus, spesso si osservano quadri clinici che sono manifestazione di disagi alimentari piuttosto che di disturbi alimentari quali anoressia, bulimia o obesità.
I disagi alimentari, come scrivono Pamela Pace e Marta Bottiani nel libro “E io non mangio!” (Red! Editore, 2014), si riferiscono a quell’insieme di comportamenti alimentari che possono essere transitori, nei quali il bambino prova a lanciare un messaggio rispetto alla sua sofferenza interna attraverso il cibo e l’atto alimentare.
Oltre alla transitorietà, i disagi alimentari generalmente non comportano conseguenze sul piano della crescita e spesso hanno il valore di una richiesta di aiuto rivolta all’ambiente familiare. Inoltre, non implicano necessariamente una problematicità in altre aree quali disturbi del sonno, del gioco, delle condotte evacuatorie....; i genitori, infatti, affermano abitualmente che si tratta di bambini vivaci, socievoli, senza particolari difficoltà rispetto alla crescita e che l’unico problema riguarda il momento del pasto: la docilità si trasforma in protesta.
L’ ambiente familiare nel quale vivono è tendenzialmente sereno e favorevole allo sviluppo delle competenze e della crescita del figlio.

I DISAGI ALIMENTARI NON SONO CAPRICCI!
Ecco perché spesso i genitori leggono i disagi alimentari solo come capricci, richieste di attenzione, rischiando però di ingaggiare un braccio di ferro a tavola, sempre controproducente.
Mamme che inseguono per casa i figli con il cucchiaio o il panino! Nelle cucine di casa risuonano frasi di genitori esasperati che intimoriscono e/o promettono: se non mangi tutta la pastasciutta, chiamo l’uomo nero! oppure se mangi la bistecca poi ti compro un gioco.
Certo non è facile... per questo padri e madri utilizzano qualsiasi espediente.
Questi bambini utilizzano il cibo per manifestare una protesta, una ribellione legata a specifiche difficoltà in un momento della crescita e/o della vita familiare: la ripresa del lavoro della mamma, la nascita del fratellino, una crisi di coppia, l’inserimento al nido o alla materna e così via.
Generalmente i disagi riguardano il complesso ‘lavoro’ di separazione dal luogo materno e la faticosa rinuncia all’oggetto d’amore primario.
La risposta alla domanda «che cosa devo fare?» che molte mamme rivolgono agli specialisti (dai pediatri agli psicologi) è spesso questa: accogliere il bambino, comprendendo le sue fatiche e le sue paure.
Accoglierlo significa riconoscere che ogni bambino è diverso dall’altro e che crescere è un processo faticoso e sempre accompagnato da incertezze, dubbi e paure, alle quali i piccoli rispondono come sono capaci.

La devozione materna riguarda proprio la disponibilità di una madre a interpretare e tradurre i comportamenti del proprio figlio cercando di contenere e dare un senso alle diverse espressioni emotive del piccolo. Mettere, dunque, la propria voce e la propria parola rassicurante accanto al comportamento apparentemente inspiegabile del bambino, non banalizzandolo o lasciandolo nella solitudine del suo disordine. Una madre che ‘fa ordine’ rispetto al ‘dis-ordine’ alimentare del proprio figlio è una madre che lascia al bambino la possibilità di manifestare il suo malessere, le sue fatiche e difficoltà, aiutandolo poi a tradurle in parole. Con quali parole? Le sue!

Per maggiori informazioni:
Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
Via Amedeo d'Aosta 6 - Milano
info@pollicinoonlus.it
www.pollicinoonlus.it
Numero Verde: 800.644.622
 

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