A scuola per imparare a relazionarsi con l'Altro
La scuola come luogo privilegiato in cui tornare a imparare il concetto di 'relazionarsi con l'Altro'. In un mondo dove l'idea di relazione interpersonale sembra dover riguardare solo ed esclusivamente i social network. Ce ne parla la dottoressa Chiara Corte Rappis.
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di Dottoressa Chiara Corte Rappis Tra pochi giorni inizia per tante famiglie un nuovo anno scolastico. Per scrivere o contattare la dottoressa Chiara Corte Rappis è possibile scrivere all'indirizzo chiara.corterappisATyahoo.it oppure telefonare al numero 349-7898300. Per maggiori informazioni, è possibile anche consultare il sito www.spazioeterotopico.it
L’anno passato, mi ero soffermata, sul concetto assai importante “dell’incontro in almeno un intero ciclo scolastico di un’ora di lezione” (per saperne di più leggete Si torna sui banci di scuola).
Riprendendo, con questo concetto, una situazione sperimentata da tutti noi adulti almeno una volta nell’intero percorso scolastico e ricordata spesso dal noto psicoanalista lacaniano Massimo Recalcati, che da poco ne ha fatto la tematica di un suo nuovo libro.
Alla soglia di questo nuovo anno scolastico, vorrei soffermarmi su un altro concetto fondamentale per i bambini, per i ragazzi, per i genitori, per gli insegnanti che si trovano a varcare i portoni degli edifici scolastici, con tante aspettative di novità, con ansie e timori per quello che saranno le materie da insegnare e quelle da imparare; ed è il concetto di “relazione”.
Un concetto che sembra non interessare più o, per meglio dire, interessare tutte le nostre vite in modo talmente scontato, da non essere più oggetto di analisi e, quindi, argomento da non più interrogare o sul quale non si trova necessario eimportante riflettere.
In un mondo dove si è sempre in contatto attraverso i vari social network, attraverso i cellulari, gli smartphone, Ipad, Iphone; dove virtualmente si hanno centinaia di amici, forse il concetto di relazione e di sapersi relazionare sembra qualcosa di antico, da dimenticare e chiudere in un cassetto di vecchi ricordi. Eppure tutti i giorni ci scontriamo ancora con quello che sembra un vecchio concetto: “Relazionarsi con l’Altro da noi”, “Sapersi relazionare”.
Forse si hanno tanti mezzi e tanti amici virtuali, ma non si sa come ci si deve relazionare. La scuola dopo la famiglia, è il secondo grande ambito dove fare “palestra di relazioni”, dove ci si “esercita alla relazione” sia asimmetrica con gli insegnanti, i presidi, i genitori dei compagni, sia alla relazione simmetrica con i propri coetanei, oppure per gli insegnanti con i colleghi e i genitori dei propri alunni.
A scuola si passano tante ore e sarebbe davvero un’occasione persa non utilizzare questo tempo e questo luogo per “imparare a relazionarsi”.
La relazione implica tanti aspetti: il primo è l’esserci come presenza fisica, con il nostro corpo che veicola tanti messaggi di noi, che passano attraverso il non-detto (uno di questi aspetti del non-detto è il linguaggio corporeo: come ci vestiamo, come ci poniamo nei confronti dell’altro da noi che fa parte di quello che siamo, di quello che ci è stato trasmesso in famiglia, di quello che viviamo in famiglia in quel preciso momento, come per esempio la separazione di mamma e papà o la separazione come coniugi).
L’altro aspetto della relazione è il linguaggio esplicito, il verbale delle nostre comunicazioni. La scuola potrebbe essere uno spazio e un tempo eterotopici per la relazione, cioè uno spazio scandito da precise coordinate e un tempo segnato da altrettante coordinate ben definite da percorrere, attraversare, abitare e vivere, dove potersi esercitare nei rapporti interpersonali; dove l’errore, lo sbaglio, la caduta avranno modo di essere elaborati sia da soli, sia attraverso un confronto costruttivo fatto da più voci e da molteplici prospettive in un arco temporale adeguato per capire, comprendere, sentirsi bene nella relazione.
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