Neonati in vacanza con i nonni?

Che fare la prima estate in cui la mamma torna al lavoro? Affidarsi a una baby sitter e lasciare a casa il bebè? Oppure mandarlo al mare con i nonni? Lontano da casa, ma in un ambiente, mare o montagna, sicuramente più salubre per il piccolo?

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La notizia di Melissa Satta in partenza per il Brasile per seguire il compagno, Kevin Boateng, impegnato nei mondiali con il Ghana, senza il piccolo Maddox, di soli 3 mesi, affidato alle cure dei nonni, ha fatto il giro del web e non ha mancato di tirarsi addosso le critiche di tutti coloro che ritengono che i bambini, per lo meno quelli piccolissimi, debbano rimanere con la mamma.
Parlare, criticare, dire la propria, in un caso come questo, risulta piuttosto facile. Ça va sans dir, infatti, che Melissa Satta era assolutamente libera di scegliere cosa fare, dal momento che la sua presenza brasiliana non era strettamente necessaria.
Ma quante sono le mamme che dopo i primi mesi di maternità (obbligatoria o obbligatoria + facoltativa) sono costrette a lasciare il bambino e, non sapendo dove metterlo nei mesi estivi, volendo, tra l’altro, allontanarlo dall’afa e dallo smog cittadini, optano per la “soluzione” nonni, al mare o in montagna?


Quali potrebbero essere le soluzioni alternative? Ed è poi così terribile per un bimbo il distacco completo dalla mamma?

L’ALTERNATIVA ALLA VACANZA CON I NONNI
Se nei mesi estivi la mamma è costretta a lavorare, le alternative con un bambino molto piccolo sono sostanzialmente tre: una baby sitter che se ne prenda cura durante le ore di assenza della mamma; i nonni, ammesso che siano disposti a rinunciare alla loro vacanza per prendersi cura dei nipoti; l’asilo nido (molto probabilmente privato se il bimbo non è già iscritto) fino al 30 giugno e, nel mese di luglio, centri estivi appositi per gli under 2, spesso organizzati dai comuni stessi all’interno di nidi e materne accreditate. Più difficile, invece, trovare centri estivi presso strutture private di altro tipo e destinate a bimbi così piccini. Oppure, per i mesi di luglio e agosto, tate e nonni come detto sopra.
Il vantaggio di queste soluzioni è, sostanzialmente, uno: mamma e bambino, per quanto separati durante il giorno, non sono realmente lontani. La mamma può correre a casa per qualsiasi problema mentre il piccolo, sebbene separato da lei, non avverte una vera e propria lontananza.
Gli svantaggi, sono i costi, a meno che non si possa contare sui nonni, e, per i bimbi che vivono in città, tutti i fastidi che questo comporta (caldo, umidità, afa, impossibilità a uscire nelle ore più calde, zanzare…).
Naturalmente, la presenza della mamma compensa ogni cosa. Ma molte donne che optano per la soluzione mare/montagna con i nonni sono convinte che i benefici, in termine di salute, per il piccolo siano notevoli e non debbano essere trascurati.

BEBÉ CON I NONNI. DA CHE ETÁ?
Come sempre non esiste “un’età” che possa essere considerata giusta. Molti bimbi, figli di libere professioniste, di mamme che non possono assentarsi troppo a lungo dal lavoro…., vengono affidati ai nonni, magari solo per qualche ora, già a partire dai 3/4 mesi. Si tratta di casi limite, ma può succedere senza che questo comprometta necessariamente la felicità e il benessere del piccolo.
Il consiglio, però, per le mamme costrette a simili soluzioni, è di esserci nelle tappe di crescita più importanti del bambino. Per esempio è fondamentale che le prime pappe vengano offerte dalla mamma e non dai nonni o dalla tata e che la mamma sia presente, fisicamente, nei primi giorni dello svezzamento. Da evitare assolutamente l’ipotesi di mandare il bebè in vacanza con i nonni se si ha, quindi, intenzione di svezzarlo.
Diciamo che dopo l’anno la situazione, per quanto riguarda gli aspetti prettamente pratici, si semplifica. Le abitudini del bimbo in fatto di cibo, sonno, orari… sono ben consolidate e i nonni non dovranno far altro che seguire, secondo le loro inclinazioni e la loro personalità, le linee guida presentate dalla mamma.
Il consiglio, in questi casi, è di pensare a una settimana di affiancamento prima di ripartire per la città, cercando di mostrare l’atteggiamento più sereno possibile di fronte al bambino e cercando di fidarsi ciecamente dell’operato dei nonni.
Dopo una settimana, se il piccolo piange, soffre terribilmente della mancanza della mamma, smette di mangiare o dormire… forse potrebbe valere la pena riprendere in considerazione l’ipotesi di portarlo in città cercando soluzioni alternative.
Molti bimbi, però, sembrano adattarsi bene al nuovo contesto. D’altra parte, mare, spiaggia, passeggiate nel verde, i nonni a disposizione 24 ore su 24…, sono in grado di allontanare la malinconia e stimolare il bambino in senso assolutamente positivo.
Anche in questi casi, però, qualche problema la mamma potrebbe riscontarlo quando va a trovare il piccino:
  • Potrebbe mostrare un attaccamento eccessivo ai genitori mai espresso prima
  • Se è un bambino che ha sempre dormito, potrebbe smettere di farlo oppure richiedere la presenza costante della mamma o del papà prima della nanna.
  • Potrebbe rifiutare il cibo per qualche periodo o usarlo come arma di “ricatto” (o mi dai da mangiare tu, o non mangio).
  • Potrebbe voler stare sempre in braccio.
  • Potrebbe essere più capriccioso o irrequieto


In nessuno di questi casi si può parlare di capricci. I bambini piccoli, è indubbio, hanno bisogno della mamma. Ciò non significa che la mamme non possano lasciarli con altre persone laddove lo ritengono opportuno o non abbiano altra scelta. E non è neppure detto che il fatto di essere abituati a “mani” diverse non rappresenti, alla lunga, un vantaggio per i bambini. È fondamentale, però, che i genitori in queste fasi siano molto pazienti, non entrino in conflitto con i nonni qualora qualcosa non venga fatto come desiderano e accettino di dover rivedere alcuni atteggiamenti al ritorno a casa.
È molto importante, poi, dare al bambino il senso del tempo. Fargli capire che esiste una sorta di ritmo all’interno del quale lui si trova a dover trascorrere del tempo con i nonni prima dell’arrivo di mamma e papà (un buon metodo è quello di contare il tempo alla rovescia. Cosa che può essere fatta anche con i bambini più piccoli utilizzando, per esempio, canzoncine e filastrocche).

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