MASCHERE E MASCHERINE
LE maschere DI CARTAPESTA
 
Le MASCHERE classiche

IL GIROTONDO DELLE MASCHERE


É Gianduia torinese
Meneghino milanese.
Vien da Bergamo Arlecchino
Stenterello è fiorentino.
Veneziano è Pantalone
Con l'allegra Colombina
Di Bologna Balanzone
Con il furbo Fagiolino.
Vien da Roma Rugantino
Più Romano è Meo Patacca.
Siciliano il buon Pasquino
Di Verona Fracanapa.

(di G.Gaida)

ARLECCHINO....

Per fare un vestito ad Arlecchino
ci mise una toppa Meneghino,
ne mise un'altra Pulcinella,
una Gianduia, una Brighella.
Pantalone, vecchio pidocchio,
ci mise uno strappo sul ginocchio,
e Stenterello, largo di mano
qualche macchia di vino toscano.
Colombina che lo cucì
fece un vestito stretto così.
Arlecchino lo mise lo stesso
ma ci stava un tantino perplesso.
Disse allora Balanzone,
bolognese dottorone:
"Ti assicuro e te lo giuro
che ti andrà bene li mese venturo
se osserverai la mia ricetta:
un giorno digiuno e l'altro bolletta".
Arlecchino era così povero che quando a Carnevale la maestra organizzò una festa in maschera per tutti i bimbi, lui non aveva nulla da indossare. Così, mentre tutti i suoi compagni parlavano delle loro maschere e di come si sarebbero vestiti, Arlecchino, da solo in disparte, piangeva, consapevole del fatto che la sua mamma non avrebbe mai potuto comprargli un abito nuovo per l'occassione. Vedendo la disperazione di Arlecchino, la maestra e gli altri bimbi decisero di fargli un regalo e ciascuno di loro gli donò un pezzetto di stoffa avanzato dai loro costumi colorati.

Arlecchino fu molto contento per il gesto dei compagni anche se non aveva idea di come potesse utilizzare tutta quella stoffa.
La sua mamma, però, dopo averci pensato un po' su, finalmente trovò una soluzione e quella notte, dopo che Arlecchino si fu addormentato, inforcò gli occhiali che usava per cucire e iniziò a lavorare.
Cucì e rammendò ininterrottamente e la mattina dopo fece trovare ad Arlecchino sul letto un vestito bellissimo, tutto colorato, fatto con gli avanzi delle stoffe che il piccolo le aveva portato.

Quando arrivò a scuola, tutti rimasero colpiti per la bellezza e l'allegria dell'abito di Arlecchino e, durante la festa, tra tutte le maschere presenti, fu proprio il suo vestito quello più bello e acclamato. Per Arlecchino fu un giorno fantastico e la sua maschera, realizzata grazie alla generosità dei compagni, divenne famosa in tutto il mondo.

GIANDUIA

Circa 200 anni fa, nella città di Torino, viveva un famoso burattinaio divenuto celebre grazie a uno dei suoi burattini, tale "Gironi" che in dialetto piemontese sta per Gerolamo. Siccome il nome faceva pensare a chiare allusioni antinapoleoniche (correva l'anno 1798 e il fratello di Napoleone si chiamava proprio Gerolamo), al burattinaio fu consigliato di cambiare nome al personaggio.

Mentre rifletteva su quale nome dargli, vicino ad Asti, il burattinaio conobbe un simpatico contadino, tale GIOAN d'la douja, chiamato così perché gran bevitore e frequentatore di locande (douja, in piemontese, significa boccale ed spesso riferito ai boccali di vino).
Il burattinaio non ci pensò due volte e ribattezzò il suo burattino Gianduia, vestendolo così come vestiva il contadino: con una giacca marrone, un panciotto giallo, un cappello a tre punte e la parrucca col codino girato all'insu. Nacque così la maschera di Gianduia.

Giacca marrone, panciotto giallo
Porto i colori del pappagallo;

Calzoni verdi, calzette rosse,
Col vino mi curo tonsille e tosse.

Naso paonazzo, cappello tricorno
Son Gianduia perdigiorno.

Se non vi basta il cappellino
C'è la parrucca col codino.