La prima vacanza da solo
In villeggiatura con l'amichetto. Al campus estivo lontano da casa. All'estero per un viaggio studio. Per molti bimbi l'estate è l'occasione per mettersi alla prova e testare la propria capacità di sopravvivere senza mamma e papà. Ecco come valorizzare questa esperienza.
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di Alessia Altavilla Vacanza non solo come possibilità di gioco e svago, ma soprattutto come momento di crescita, messa alla prova delle proprie capacità di adattamento, confronto con gli altri e con se stessi. Che si tratti della settimana a casa dell'amichetto, di un viaggio studio all'estero, di un campus estivo residenziale, per molti bambini estate è, soprattutto, sinonimo di distacco dalla famiglia e presa di coscienza della propria capacità di sopravvivere senza mamma e papà. Come dicevamo sopra, affrontare da solo le vacanze estive per un bimbo è qualcosa di diverso e di molto di più che partire, anche per un lungo periodo, con la famiglia.
Certo, è indubbio che le difficoltà non mancheranno, che talvolta potrebbe soffrire di nostalgia per la sua casa, i suoi fratelli, la mamma e il papà… Ma vale la pena non precludergli questa grossa possibilità di crescita, permettendogli di vivere e, anzi, spingendolo a vivere un’esperienza che probabilmente ricorderà per molto tempo.
Trovandosi, infatti, a vivere una situazione completamente nuova, messo costantemente a confronto con persone che non lo conoscono e con cui deve imparare a rapportarsi, costretto, come di solito avviene in questi casi, a inserirsi in una situazione di gruppo comunitaria, il piccino inizia a crescere. Ed è una crescita decisa, radicale, avvertibile al suo ritorno anche dai genitori che lo conoscono sin nelle profondità dell’anima.
Un bambino che parte da solo ne guadagna in autonomia, perché costretto a imparare a cavarsela da solo, sia nella gestione delle cose pratiche, sia nella gestione delle proprie emozioni.
In particolare se si trova a vivere in una situazione comunitaria (campus estivi, viaggi studio...) capisce che non sempre il mondo può ruotargli intorno e che esistono situazioni per le quali lui, il suo ruolo, la sua persona non sono accettati incondizionatamente così come avviene nel “nido della propria casa”: deve necessariamente riuscire a trovare i suoi spazi se vuole condividere con gli altri in modo positivo l’esperienza che si trova a vivere e deve imparare a mettersi in discussione laddove si rende conto che lati del suo carattere non trovano il favore del gruppo.
Infine, dovendo contare maggiormente su se stesso, un bambino che parte da solo acquisisce una maggiore fiducia in se stesso, diventa più responsabile, coraggioso e intraprendente e sviluppa una notevole pulsione verso la scoperta del mondo che lo circonda.
L’importante è che la decisione di mandare da solo il bambino in vacanza sia pianificata per tempo, che la struttura scelta sia in grado di rispondere a tutta una serie di parametri in grado di agevolare la permanenza del piccolo fuori casa, che il bambino sia “maturo psicologicamente” per spiccare il volo. A differenza, infatti, di quanto si potrebbe pensare, non esiste un’età in cui un bimbo possa o meno partire senza mamma e papà, esiste, piuttosto, un’età “psicologica”, come dicevamo poco sopra, che solo i genitori conoscono. Forzare il piccino ad affrontare una simile prova (perché di prova in ogni caso si tratta) sarebbe sbagliato e controproducente. Meglio evitare e aspettare se ci si rende conto che la cosa è vissuta dal bambino in modo eccessivamente conflittuale, come un allentamento da casa più che come una vacanza.
Inoltre, è fondamentale che i genitori siano pronti a vivere il distacco in modo sano. Se, infatti, il bambino avverte delle tensioni da parte dei genitori, è probabile che di riflesso vivrà il viaggio come una costrizione, qualcosa di negativo di cui avere paura.
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