54° Zecchino d'Oro: una pagella d'autore

Mi ha sempre divertito trascorrere la settimana dello Zecchino d’Oro davanti al televisore, ascoltando le nuove canzoni per bambini e apprezzando lo sforzo che fanno gli autori per inventare sempre qualcosa di originale e divertente. Quest’anno poi, che una delle canzoni in gara aveva il testo scritto da me, il divertimento è stato ancora maggiore.
Aldilà dei due presentatori molto simpatici, Pino Insegno in ottima forma e Veronica Maya con un gran pancione poiché diventerà mamma a giorni, ho trovato alcune canzoni davvero piacevoli e tutti gli interpreti molto carini e molto adatti al brano affidato loro.

Perciò ho deciso di stilare una mia pagella personale.

10: Un punto di vista strambo. Questo mambo, che parla di pipistrelli e che invita a guardare il mondo da un altro punto di vista, è azzeccato e con un ritmo molto coinvolgente. Bravi i due bambini che la cantano, Michela Maria Ferri e Enrico Turetta. Giustamente ha vinto lo Zecchino d’Oro, lo Zecchino Rosso e il TeleZecchino.

9: Al ritmo della tabla. É una canzone indiana con un bellissimo testo tradotto in italiano che ci ricorda che “siamo tutte note della stessa armonia”. Molto brava Sevika Pagano, la bambina indiana che la canta.

8: Regalerò un sogno. Questo brano americano in stile Disney non sfigurerebbe in un musical stile “La bella e la bestia”. Ha vinto sia lo Zecchino Bianco che quello Verde. La canta Isabella Shiff in modo molto trascinante.

7/8: Silenzio. Si tratta di un pezzo molto particolare che insegna il piacere di ritrovare un po’ di silenzio in mezzo a tutto il rumore del mondo moderno. Molto carina l’interprete, Martina Pirovano. Si è giustamente classificata al terzo posto.

7: Mosca. É un pezzo divertente interpretato dal simpatico Giuseppe Lorusso che ci rende la mosca un po’ più sopportabile e “amica”.

7: La paella. É un pezzo spagnolo che mescola sapientemente musica e cucina, anche se, sul lato musicale, forse manca un po’ il tipico sapore latino della chitarra. Perciò “boccio” l’arrangiatore ma promuovo la piccola interprete, Carmen Gonzalez Aranda.

6/7: Prova a sorridere. Il testo di questa canzone, interpretata da Emilia Boccia, parla di una mamma che invita la figlia a essere gentile con una compagna di classe antipatica, spingendola così a scoprire che la ragazza invece non è cattiva ma solo timida. Peccato che la musica non sia all’altezza delle parole.

Le rimanenti canzoni sono tutte, dal mio punto di vista (strambo), a pari merito col 6.
Il rap del peperoncino, cantata da un brioso Giuseppe Mallo, è ritmata e spiritosa, ma è l’ennesima canzone rap presente allo Zecchino, perciò avremmo anche potuto tranquillamente farne a meno. Aldilà del mio giudizio non entusiasta, la canzone è arrivata seconda e ha vinto lo Zecchino Blue.
Il gatto mascherato ha un testo buffo (e poi il gatto è un animale che furoreggia sempre all’Antoniano di Bologna, dai mitici 44 a quello puzzolone) che ci invita a non fermarci mai alle apparenze. Il bambino che la canta, Filippo Zillo, è bravo ma è la musica che non lascia il segno, anche se è firmata da Amedeo Minghi.
Si è classificata al secondo posto, ex aequo con Il rap del peperoncino. Tartarumba è un po’ lunga e priva di verve, anche se l’idea di una tartaruga che non riesce a ballare la rumba per via delle sue zampette corte è divertente. In cambio la bambina che la canta, Giulia Marchesini, è strepitosa.
Bye bye ciao ciao è una piccola lezione d’inglese in musica. Però non convince più di tanto, nonostante il suo piccolo interprete, Marco Cattaneo Vittone, che ce la mette davvero tutta.

Per quanto riguarda la mia canzone, La palma dell’acqua, un brano del Madagascar, lascio la votazione agli altri. Dico solo che la piccola Amelia Fenosoa Casiello che la canta, è deliziosa e molto brava, considerando che ha solo cinque anni. E poi la sua cotta per il “pipistrello” Enrico Turetta è stata una delle cose più tenere di tutta questa 54° edizione dello Zecchino d’Oro.
Infine, piccola considerazione personale, concedetemela, avrebbe potuto essere utile una breve introduzione per spiegare di cosa stiamo parlando e perché la pianta di cui parlo riveste una tale importanza per la cultura africana. Nelle sue foglie, infatti, si raccoglie in modo naturale l’acqua piovana, indispensabile per le popolazioni locali e per i viandanti che, grazie a lei, possono dissetarsi.
Per saperne di più, cliccate qui.

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