Al lavoro fino al nono mese? Perché no!

La notizia, di qualche giorno fa, rappresenta una vera rivoluzione per quanto riguarda la maternità: per le future mamme che lo desiderano, infatti, la manovra prevede la possibilità di posticipare di due mesi l’inizio del congedo di maternità per poter usufruire di più tempo da trascorrere con il bambino una volta venuto al mondo.
Non più, quindi, in maternità al settimo mese (che poteva diventare ottavo per le donne che, previa visita medica ne avesero fatto richiesta), ma al nono. E rientro dal lavoro al compimento del quinto mese del bambino.
Naturalmente, il congedo è in questo caso sottoposto alla validazione del medico che deve rilasciare un certificato di buona salute per la donna incinta confermando che il lavoro da lei svolto non possa arrecare danni alla futura mamma o al bambino.

Si chiama Maternità Agile, viene proposta in sostituzione all’attuale sistema di congedo e prevede il prolungamento a 5 giorni il lavorativi l’obbligo di congedo per i padri.

PERCHÈ SI TRATTA DI UN GRANDE PASSO IN AVANTI

La Maternità Agile rappresenta senz’altro una grande novità in fatto di congedo.
Innanzitutto sdogana l’idea che la gravidanza sia una malattia. Nulla, infatti, vieta alla donna incinta, qualora se lo senta e il lavoro che svolge non rappresenti un pericolo per la sua salute e per quella del feto, di prolunare il lavoro fino agli ultimi giorni prima del parto. Lo fanno la maggior parte delle libere professioniste, coloro che svolgono in proprio la loro attività. Ora diventa un’opportunità anche per chi è regolarmente assunto.

La possibilità, poi, di prolungare fino al quinto mese il congedo di maternità obbligatoria (significa pagata per intero), se naturalmente non risolve il problema, quanto meno aiuta le mamme a organizzarsi meglio per il rientro al lavoro, in una fase in cui il bambino potrebbe già iniziare a non dipendere al 100% dalla mamma stessa (ricordiamo che, normalmente, è intorno al sesto mese che si passa a un’alimentazione solida).
I benefici sono notevoli per la costruzione del rapporto. A quest’età, infatti, due mesi di differenza contano. E se un bimbo di tre mesi il distacco dalla mamma potrebbe rappresentare un problema, a cinque la cosa potrebbe essere affrontata più serenamente.

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