BES: bisogni educativi differenti

La scuola è finita.
É tempo di bilanci. Ma è anche il momento per programmare il futuro scolastico del proprio bambino. Soprattutto se durante l’anno ci sono stati problemi di qualche tipo. Anche dovuti a difficoltà momentanee.
Ne parliamo con Cinzia Parmi, mamma, insegnante di lettere e autrice del blog Mamma Style.
É lei l’autrice di Bes – Bisogni eucativi speciali, una guida destinata alle famiglie e scaricabile gratuitamente in formato pdf (cliccate qui) che affronta, appunto, il problema cercando di fornire ai genitori interessati consigli e soluzioni pratiche per intervenire a beneficio degli interessi (scolastici, ma non solo del bambino).

Cosa si intende per BES. Ci fai alcuni esempi specifici? Bes è un acronimo con cui si intende ogni alunno che ha un Bisogno Educativo Specifico. In parole povere, ogni studente può avere problematiche che lo penalizzano nel rendimento scolastico ma queste difficoltà non sono legate a una carenza intellettiva bensì a un momentaneo disagio che può essere dovuto a diversi fattori. Per fare qualche esempio:
un ragazzo che giunge da un paese straniero e che non è in grado di conoscere la lingua italiana a livello dei suoi compagni di classe; un alunno che sta attraversando un momento di difficoltà psicologica dovuta a una separazione tra i genitori, a problemi familiari di altro genere, a problemi di crescita; un ragazzino che soffre di patologie particolari che però non rientrano nei casi DSA (dislessia, disortografia, discalculia) ma potrebbe soffrire di crisi epilettiche, di attacchi di panico…

Qual è il primo passo di riconoscimento che un genitore deve fare verso le problematiche, identificate, appunto, come BES del figlio?
In teoria il genitore potrebbe anche “non accorgersi di queste problematiche” perché il figlio, finita la scuola, potrebbe non mostrare alcun tipo di problema se questo è legato a un’ansia da prestazione o a problematiche psicologiche che non mostra a casa.
Un campanello d’allarme sono, comunque, i voti. Infatti, se il genitore è in grado di seguire il proprio ragazzo, può rendersi conto che spesso questi ultimi non rispecchiano quanto l’impegno effettivo profuso e sono di molto inferiori a quanto dovrebbero essere.
Ovviamente in caso di difficoltà linguistiche o di altre patologie prima ricordate, la famiglia non può non esserne al corrente e pertanto il primo passo da fare è chiedere un colloquio con gli insegnanti e confrontarsi con loro per vedere se quanto viene vissuto e riportato a casa dal ragazzo è stato riscontrato anche a scuola. In certi casi, alcuni studenti dimostrano di aver perso ogni interesse per lo studio ma al di là di questo, l’insegnante non nota altri segni. Se il genitore è al corrente di un particolare avvenimento che sta mettendo a dura prova il figlio (una separazione, un lutto, l’idea di un trasloco-trasferimento), farà bene a informarne il corpo docente.

In che modo genitori e insegnanti possono collaborare insieme per migliorare la vita scolastica del bambino?
Sicuramente incontrandosi e scambiandosi le informazioni perché ogni studente ha una vita a scuola e fuori l’istituto scolastico. A volte, il suo comportamento è costante sia dentro che fuori, a volte no. Confrontandosi è possibile mettere insieme le informazioni e capire meglio il momento di difficoltà che sta attraversando anche per poterlo aiutare sia a casa che a scuola.

Qual è la normativa di riferimento? In poche parole, cosa dice? D.M. 27/12/2012 che riconosce e definisce il caso BES. Circolare Ministeriale n. 8 del 6/3/2013 dove si parla del piano di studi personalizzato anche per i BES.
Potrei continuare ma in sostanza, la Normativa che è di soli due/tre anni fa, oltre a definire cosa si intende per BES e a specificare che comunque si tratta di un bisogno temporaneo, non certificabile come un DSA, spiega l’importanza di redigere a livello formale un PDP in quanto questo tutela lo studente in vista degli esami alla fine della scuola secondaria di primo grado. Inoltre, la Normativa insiste sul fatto che è il Consiglio di Classe che può in maniera del tutto indipendente decidere se considerare un alunno come un caso BES, anche in mancanza di qualsiasi documento ma basandosi solo su un’osservazione diretta.

Che cos’è un piano di studi personalizzato?
Si tratta del PDP e cioè di un Piano Didattico Personalizzato in cui si fissano gli obiettivi minimi che il ragazzo deve raggiungere a fine anno scolastico e che magari possono essere anche meno onerosi rispetto a quelli del gruppo classe, a seconda delle sue difficoltà. Pensiamo, per esempio, a un ragazzo straniero che arriva a metà anno in Italia e che non conosce la lingua. A fine anno non si può pretendere che sappia scrivere, leggere, comprendere un brano antologico come uno studente di madrelingua italiana. Il piano di studi viene redatto da ogni insegnante di materia e può prevedere anche strumenti che facilitano l’apprendimento del ragazzo come l’uso della calcolatrice, la possibilità di avere delle interrogazioni programmate, consegne più semplici o tempi per realizzare un compito in classe più lunghi. Ovviamente il PDP non è detto che si debba fare ogni anno ma solo quando si presenta la necessità. La differenza fondamentale di un PDP per un DSA è che questo è a tempo indeterminato, ossia sarà compilato ogni inizio anno scolastico, per un BES, visto che il bisogno è sempre e comunque considerato temporaneo, di volta in volta si stabilirà se farlo oppure no.

Perché nella tua guida parli anche di bambini stranieri?
A questo punto credo che il motivo sia già chiaro senza altre spiegazioni. Ogni straniero che entra in una classe dove si parla una lingua che non conosce o che comunque conosce male, ha delle difficoltà maggiori rispetto ai compagni e non si può non tenerne conto, almeno durante i primi mesi o il primo anno. Se la scuola ha attivato dei corsi di alfabetizzazione, ben vengano, altrimenti lo studente dovrà seguire un percorso differenziato. Iniziare a imparare la lingua, dargli consegne con risposte chiuse (vero/falso) piuttosto che domande con risposta aperta. La valutazione sarà anche differente rispetto ai compagni poiché, se a fine anno ha mostrato capacità e interesse e volontà, raggiungendo quello che era richiesto, sarà ammesso alla classe successiva pur non essendo “alla pari” con il resto del gruppo classe.

In generale, a prescindere dalla presenza di bisogni specifici e per concludere, da insegnante, come pensi dovrebbe essere un rapporto costruttivo tra scuola e famiglia per un miglior rendimento scolastico di un bambino?
Sicuramente il dialogo. A volte la famiglia non è sempre ben disposta ad entrare in contatto con l’insegnante, soprattutto quando si parla di argomenti poco piacevoli come disagi, mancanze scolastiche… I genitori per comodità e per non mettersi troppo in questione, a volte, preferiscono dare “la colpa” alla scuola o alla classe per spiegare un risultato negativo. Invece si dovrebbe mettere da parte noi stessi (insegnanti e genitori) per pensare a quello che di buono si può fare per il ragazzo. Quindi un confronto schietto, diretto, che ha come finalità il benessere psicofisico dell’alunno.

Sta arrivando l’estate. Cosa può fare un genitore con un bambino BES per semplificargli la vita a settembre?
Se la famiglia ha fiducia nella scuola e negli insegnanti del proprio bimbo, dovrebbe solo seguire le indicazioni dei docenti che magari avranno dato delle consegne diversificate per potenziare le debolezze e le lacune dell’alunno. Se invece il rapporto con gli insegnanti non è stato molto positivo e non c’è fiducia, meglio pensare ad un cambio scuola perché è come affidarsi ad uno specialista per risolvere un problema di cui però non si ha alcuna fiducia. Avrebbe senso? Io credo di no!

Se volete scaricare gratuitamente la guida Bes (Bisogni educativi speciali) – Tutto quello che i genitori devono sapere cliccate qui.

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