Bikini e reggiseno per bambine. Favorevoli o contrarie?

La stagione balneare si è ufficialmente aperta e le spiagge sono tornate a riempirsi di box e costumi sgargianti, ombrelloni colorati e lettini insabbiati, creme profumate e palloni fastidiosi. E reggiseni mignon di poco più grandi di paracapezzoli.
Essì. Perché la moda delle bambine in bikini (e stiamo parlando proprio di bambine: 4, 5, 6, 7 anni) sembra proprio non voler morire, complici le case di moda, i genitori che, pur contrari, abbozzano, quelli completamente favorevoli, quelli che vabbè, ma perché no? e quelli stanchi delle lotte sfinenti con bimbe accanite che con la bocca ancora sporca di latte si battono per quelli che ritengono essere loro diritti come adolescenti emancipate e guerriere.
Dunque, via libera al reggiseno in spiaggia anche se serve a reggere solo pelle o ciccia e ossa. È giusto? È sbagliato?
Ovviamente, la questione non è fondante. E non è certo attraverso due minuscoli triangolini di stoffa che passa un modello educativo. La dice lunga, però, su come la tendenza sia quella di trasformare in fretta i bambini in piccoli uomini (e donne) imponendo loro modelli che per nulla li dovrebbero rappresentare.
Una bambina con il reggiseno, c’è poco da fare, è ridicola. E anche se lei non se ne rende conto, agli occhi di un adulto tale appare. Come una bimba che indossa i tacchi della mamma per sentirsi donna. Solo che in quel caso si tratta di un gioco, spesso consumato tra le mura domestiche. Un gioco innocente e sano perché mette in moto fantasia e spirito di emulazione a costo zero.

Anni fa, un noto brand che ha come riferimento le adolescenti, Abercrombie & Fitch, era finito sotto accusa perché aveva lanciato sul mercato un costume con il reggiseno imbottito indirizzato proprio alle piccolissime (target di riferimento le bambine dagli 8 ai 14 anni). Si era parlato di sessualizzazione precoce e gli psicologi uniti si erano scagliati anche contro le madri che utilizzavano le figlie per compensare la loro mancanza di appeal sessuale. Così si era detto ai tempi.
Vero o no, certo che la scelta di accontentare una bambina di 8 anni che vuole un reggiseno imbottito lascia perplessi. Fino a che punto le richieste dei figli vanno assecondate? Quando una madre e un padre devono essere capaci di dire no?

Nei negozi di costumi per la spiaggia, è vero, trovare uno slip per bambina che non sia abbinato al reggiseno non è semplice. A volte persino i costumi per le bimbe di 4/5 anni sono proposti con l’odioso pezzo di sopra. Ma questo può essere una giustificazione?
No. Senz’altro no. Sebbene, come dicevamo sopra, non è dal bikini che passa il modello educativo, è sicuramente anche dal bikini che transita l’autorevolezza di un genitore che sembra essere incapace di opporsi a un modello sbagliato, imposto dalle case di moda (che in questo modo riescono a trasformare in consumatori precoci i bambini in età sempre più tenera bypassando, di fatto, lo scoglio genitoriale) e, di fatto, socialmente tollerato quando non proprio accettato del tutto.

A poco vale anche la giustificazione è così per tutte le bambine. Ogni genitore è responsabile per i propri figli. Ed è attraverso l’educazione del proprio figlio che il modello sociale prende piede oppure no. Banalmente, se tutti dicessero no, alla fine le bambine smetterebbero di chiederlo e la moda di proporlo.
Il punto non è nemmeno il reggiseno in sé. Alla fine, appunto, si tratta solo di un bikini, per quanto ridicolo e mal proposto. Il punto è la crescente incapacità dei consumatori di opporsi a modelli sbagliati. E questo vale per la moda, l’alimentazione, i giocattoli, i programmi televisivi… Il no di uno, potrebbe diventare il no di due, di tre, di tutti…
Ed è questo il grande potere, non sfruttato, che ciascuno di noi ha non solo rispetto all’educazione dei figli (che, nei fatti, rimane una scelta personale), ma nell’affermazione di comportamenti sociali che, dapprima solo tollerati, poi diventano accettati ed emulati. In particolare da coloro non dotati di eccessivo spirito critico. Vuoi per l’età, i bambini appunto, vuoi per poca cultura, vuoi per scarse risorse….

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