Chiamano la figlia Blu. Il giudice autorizza

Questa storia inizia circa un anno e mezzo fa.
Una coppia di genitori decide di chiamare la propria figlia Blu e di registrarla così all’anagrafe. Qui, però, i genitori vengono messi in guardia: in Italia il nome deve rispecchiare il sesso del bambino e Blu non appartiene né al genere femminile né a quello maschile. Un giudice, quindi, potrebbe convocarli e chiedere la rettifica del nome.
Mamma e papà, però, non demordono.
La bambina viene registrata con il nome di Blu e per un anno e mezzo questo è il suo nome, con il quale impara a riconoscersi.

Qualche settimana fa la doccia fredda: il Tribunale di Milano invia ai genitori una convocazione con la quale si chiede che al nome di battesimo (si fa per dire) sia aggiunto un altro nome che rispecchi il sesso della piccola. Qualora i genitori si rifiutini, il nome sarà attribuito d’ufficio dal Tribunale stesso.

Per i genitori un vero e proprio fulmine a ciel sereno: mai si sarebbero aspettati, infatti, che un giudice potesse chiamarli a un anno e mezzo di distanza, quando ormai la bambina ha imparato il proprio nome e per tutti è diventata Blu.
Per altro, spiega il padre della piccina in un’intervista, il nome le si confà in tutto e per tutto: la bimba, infatti, ha gli occhi blu e un carattere forte e deciso come il colore che la rappresenta.

Ora questa vicenda ha, finalmente, una fine: qualche giorno fa la giudice Paola Barbara Folci, della Nona sezione civile del Tribunale di Milano, ha definitivamente messo la parola fine sulla vicenda.
La bambina potrà continuare a chiamarsi Blu e non sarà costretta ad avere un secondo nome (che all’anagrafe risulterebbe come primo nome).
Per la cronaca, il nome scelto non è poi così strambo. Ogni anno, infatti, una media di sei bambine viene chiamata Blu (o Verde), senza che questo comporti per le piccine particolari difficoltà nella vita quotidiana e nella crescita emotiva.

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