Contro la Buona Scuola. I perché dello sciopero del 5 maggio

Sono tutte unite, per la prima volta dopo 7 anni, le sigle sindacali che martedì 5 maggio hanno indetto uno sciopero dei docenti, del personale ATA e di parte dei dirigenti scolastici per protestare contro il disegno di legge Buona Scuola proposta dal governo.
Nella lettera consegnata ai genitori e che spiega le motivazioni dello sciopero, tra le varie cose, vengono contestati i seguenti punti:

  • la trasformazione (o presunta tale) del Collegio dei Docenti da organo deliberante a organo meramente consultivo con conseguente perdita del principio della collegialità nelle scelte educative (per esempio, nell’offerta formativa dell’Istituto).
  • Il ruolo assegnato al Dirigente Scolastico che diventerebbe l’unica figura con potere decisionale in un’ottica privatistico-aziendale (nel ddl presentato, infatti, spetta al Dirigente Scolastico selezionare gli insegnanti da assumere ed è sempre compito suo assegnare i premi ai docenti).
  • La mancanza di investimenti alle scuole pubbliche a tutto vantaggio delle scuole private e la possibilità di far confluire nelle casse delle scuole risorse private che potrebbero compromettere la libertà scolastica in materia di scelte didattiche e organizzative.
  • Il finanziamento alle scuole private (che non solo potrebbero ricevere il 5 per mille delle dichiarazioni dei redditi come le scuole pubbliche, ma che sono anche avvantaggiate dalla possibilità, da parte delle famiglie, di ottenere una detrazione fiscale fino a 400€ sulla retta sostenuta per l’istruzione del figlio).
  • Il fatto che in assenza di un insegnate per un periodo inferiore ai 10 giorni, la classe non sarebbe assegnata a un supplente con un disagio per gli alunni.
  • Le modalità attraverso le quali verrebbero assunti gli insegnanti, arruolati non in base alle graduatorie, ma a discrezionalità del Dirigente Scolastico
  • L’assunzione iniziale di soli 100mila insegnanti contro i 150mila promessi (assunzione, per altro, fortemente penalizzata dalla mancanza di tempi tecnici, qualora il ddl dovesse passare, necessari) e la conseguente esclusione di tutti quei docenti arruolati finora dallo Stato a tempo determinato e senza alcuna regolarizzazione (si tratta di 166mila insegnanti abilitati ma non ammessi alle graduatorie provinciali a esaurimento perché bloccate dal 2007).
  • La mancata assunzione di personale ATA che continuerebbe a rimanere sotto organico
  • Il rinnovo del contratto di lavoro, bloccato dal 2008, con un adeguamento di stipendio agli standard europei
  • Le 13 deleghe in bianco richieste dal Governo che in questo modo si sottrarrebbe sia al confronto con il Parlamento sia al confronto con le parti sociali
  • Insomma, dovendo riassumere in poche parole chiave, il grosso della contestazione muove contro la figura del Preside Sceriffo, come viene chiamato da alcune sigle sindacali, il finanziamento alla scuola privata, annoso problema dal quale già dai tempi della riforma Moratti non si riesce a venir fuori in nessun modo, le assunzioni degli insegnanti sia per quanto riguarda il numero previsto, sia per quanto riguarda le stesse modalità.

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