Dal nido alla materna: cosa non aspettarti durante l'inserimento

Non uso mai un tono colloquiale quando scrivo. Mi sembra corretto, in generale, mantenere un certo distacco professionale e prescindere da quelle che sono le mie conoscenze di mamma, le mie esperienze, le mie paure, le mie sicurezza.
Oggi, però, voglio fare un’eccezione. E da mamma a mamme, raccontarvi quella che è stata la mia esperienza con l’inserimento alla scuola materna della mia bambina, che ha quasi tre anni e che ha già frequentato due anni di nido (per altro, per tutto il giorno. Dalle 8.00 alle 16.00).
Insomma, una bambina rodata. E una mamma altrettanto rodata.
O almeno così sulla carta…
Eppure….

Eppure mi dicevo: fatto un inserimento, li hai fatti tutti. Ma non è esattamente così.
Certo, nessun problema di distacco, per il momento, né per la bambina, che si è ambientata subito e ha smesso di calcolare la mia presenza in tempo due minuti, né per me.
Certo, sapevo, a grandi linee quale fosse la procedura: entri, interagisci, ti allontani, lasci che esplori e tocchi tutto quello che le capita sotto mano, ti intrometti ma non troppo, la saluti, le dici che tornerai a breve…
Certo, ero pronta al fatto che la scuola di infanzia non fosse esattamente come il nido.

Ma fino a quando non sperimenti sulla tua pelle in cosa consiste quasta sottile differenza, che per altro si coglie subito sin dal primo momento, non riesci a capire in cosa consista davvero questo passsaggio (fondamentale) dalla prima fase della vita (quella degli 0-2) a questa seconda fase, l’ultima prima dell’alfabetizzazione e le regole come norma di vita.

E la prima grande differenza consiste in questo:
al nido il rapporto è di un insegnante ogni sei bambini (più o meno). Qui, il rapporto è di 2 insegnanti per 25 bambini.
Basterebbe questo per dedurre tutto il resto, per capire dove voglio andare a parare.

Al nido, sin dal primo momento, la mia sensazione era stata quella di una seconda casa. Un adulto si sarebbe preso cura di mia figlia esattamente come io me ne prendevo cura a casa. Lei sarebbe rimasta sotto la sua tutela. In fondo nulla sarebbe cambiato.

Oggi, la mia sensazione è stata questa: mia figlia dovrà davvero imparare a caversela da sola. Certo, avrà due adulti di riferimento con cui rapportarsi. Ma sostanzialmente, dovrà imparare ad autogestirsi.
Gran cosa, mi sono detta. In tre anni raggiungerà la piena autonomia.
In pratica non avrà più bisogno di me.
Nessun rimpianto, sia chiaro. Anzi, una sorta di esaltazione nel pensare al percorso che proprio oggi avrebbe iniziato a compiere. Ma ho avuto la nozione chiara di ciò che significa autonomia.
Tutte noi mamme siamo convinti di avere bambini autonomi: si allacciano le scarpe, si vestono da soli, fanno la pipì, mangiano senza il nostro aiuto….
Insomma, quello che un bambino di due anni e mezzo è capace di fare lo sappiamo tutti. Magari siamo anche convinti che il nostro sia un bambino speciale, un poco più intelligente degli altri.

E poi vanno alla Scuola Materna e capiamo che:

  • Prenderà un sacco di mazzate dai bambini più grandi dove per i più grandi si intende davvero più grandi, tre anni in più anche).
  • Imparerà a dare mazzate ai bambini più piccoli e a difendersi da quelli più grandi
  • Avrà accesso a tutti i giochi, a tutti i colori, a tutte le farine… Il tutto, con la supervisione di un adulto. Ma non con il controllo dell’adulto. Questo significa che, probabilmente, tornerà a casa ridotto come un cencio, sporto dalla testa ai piedi, e penserà di poter replicare a casa, quello che a scuola gli viene permesso di fare così tranquillamente.
  • Farà dei disegni stupendi. Ma alcuni bambini faranno disegni “più stupendi” dei suoi. E dovrà imparare a conviverci (al nido, al limite, fanno tutti degli scarabocchi. Difficile definire quale sia il più completo)
  • Imparerà a fare gruppo, sceglierà i suoi amici, parlerà all’orecchio a quelli che sente più vicino. Escluderà quelli che non gli piacciono. Diventerà a tutti gli effetti un essere sociale, sviluppando tutte quelle che sono le dinamiche, positive e negative, dell’essere socievoli (al nido i bambini non giocano assieme davvero, nemmeno quando giocano assieme)
  • Imparerà un sacco di parolacce e userà metafore che ci chiederemo “dove le ha sentite?”
  • Dovrà scappare in bagno con la pipì lì lì per uscire chissà quante volte, dal momento che sarà troppo impegnata a giocare e nessuno le chiederà se le scappa la pipì (al nido, i bambini venivano accompagnati in bagno in una specie di rito collettivo che li coinvolgeva tutti).
  • Perderà felpe, maglioni, mollette, elastici…. Lascerà in giro bavaglioli, asciugamani…. Imparerà davvero ad avere cura delle sue cose e a ricordare dove le lascia, dove le mette

E infine:

diventerà grande. Grande davvero. Con idee sue, gusti forse non troppo suoi ma, comunque, ben definiti, una personalità che difficilmente, in seguito, subirà grandi stravolgimenti, per lo meno fino all’adolescenza.
Sarà per lei una grande avventura. Un’avventura vera. Finalizzata al raggiungimento dell’autonomia. Quella vera. E sarà bello accompagnarla in questo suo percorso.

Buon inserimento a tutte le mamme alle prese con gli ingressi dei bambini di tutti gli ordini e gradi

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