Disturbi alimentari: di chi è la colpa?

Nelle ultime settimane si è tanto parlato di moda, per le sfilate dei grandi marchi. E come sempre, è tornato alla ribalta il tema della magrezza, che al sentire e al pensare comune, porta già a nominare l’anoressia, ma allora perché non il cancro?
Prima di parlare di disordine o disturbo del comportamento alimentare in certe adolescenti o di conclamata anoressia, bulimia o di DCA bisogna lasciare la parola agli esperti del settore e non far girare chiacchiere inutili e fuorvianti per chi non sa nulla dell’argomento e che invadono un campo del o sul quale non si ha alcuna preparazione specifica.

Se la magrezza faccia rima con malattia lasciamo che siano gli esperti a constatarlo, confermalo o diagnosticarlo. Come per un nodulo o una strana macchia, la parola va lasciata allo specialista, non è il sentire o il parlare comune che dichiara la presenza o meno di qualcosa di grave e dell’eventuale sua natura.
Ognuno dovrebbe limitarsi a fare bene il suo lavoro.
E io inoltre affermo, a favore dell’industria della moda, che non c’è un capro espiatorio contro cui puntare il dito, non è caccia all’untore. Il capro espiatorio dei DCA non lo possiamo trovare né nella moda, né in quella madre, né in quel padre, come un tempo si voleva sostenere.
I vari disagi alimentari – anoressia, bulimia, obesità – ci parlano di vuoto di parola, di anime sulle quali non è passato il segno della parola d’amore dell’Altro che vivifica.
Lo psicoanalista lacaniano Massimo Recalcati ci parla spesso del fatto che siamo stati tutti un grido nella notte: cioè bambini piccoli che si esprimono attraverso il pianto, che il genitore accoglie e raccoglie con la sua presenza, ed è quella presenza che permette al bimbo di vivere, di non sentirsi solo nel buio della notte, di sentirsi accolto e in relazione con il mondo circostante.

Chi soffre di disturbi dell’alimentazione non è perché è stato martellato dalle immagini di donne magre in copertina, non è perché un giorno si è svegliato e ha deciso di intraprendere una dieta, non è perché ha una madre o un padre magri per i motivi più svariati (costituzione, familiarità, stress di ogni tipo).
Chi si ammala di anoressia, comunica alla società attraverso il suo corpo un disagio, ci invia, cioè, un messaggio non verbale che possiamo leggere in questi termini: vivrò anche senza il cibo, perché non è del nutrimento materiale che ho bisogno, necessito di altro.

Il problema di queste adolescenti, anche se oggi questi disagi compaiono anche in età più avanzate, non è il corpo, il cibo; ma la loro anima. É la loro anima che si è ammalata, non il loro corpo.
La cura non è riportare il corpo ai cosiddetti livelli standard di massa corporea, non è controllare se hanno mangiato o meno, se sono ingrassate o dimagrite, ma se sono tornate a vivere.
Avete mai provato a guardare una ragazza o una donna? Che cosa colpisce il senso comune: la magrezza e la loro scarsa alimentazione, ma il problema non sta lì, altrimenti sarebbe ben presto risolto, il problema è da cercare nel loro sguardo, nei loro occhi.
Chi soffre di DCA ha gli occhi spenti. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima ed è proprio così. Gli occhi ci dicono molto di una persona. Lo sguardo delle anoressiche e delle bulimiche è uno sguardo vuoto, che non desidera più niente. Se l’anima viene curata dagli specialisti, anche gli occhi si riempiranno di vita e la persona potrà dire: ero morta e sono tornata alla vita.
Perché la PAROLA è quel segno d’amore, d’attenzione, di presenza dell’Altro all’Altro, la parola è ciò che umanizza la nostra vita e che nelle vite delle anoressiche e delle bulimiche non è passata. Quindi si possono prevenire questi disturbi? Certamente, affiancando queste ragazze o questi ragazzi che stanno crescendo e stanno cercando una loro precisa identità; “ introducendo dei sottotitoli autorevoli” alle immagini, ai modelli, alle più svariate situazioni o accadimenti che attraverseranno, abiteranno, incontreranno durante il loro sviluppo.

Per scrivere o contattare la dottoressa Chiara Corte Rappis è possibile scrivere all’indirizzo chiara.corterappisATyahoo.it oppure telefonare al numero 349-7898300. Per maggiori informazioni, è possibile anche consultare il sito www.spazioeterotopico.it

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