Gli integratori non migliorano la qualità dello sperma
Uno studio recente condotto nell’Università del North Carolina ha evidenziato come gli integratori siano inutile per migliorare la qualità dello sperma.

Uno studio recente condotto nell’Università del North Carolina ha evidenziato come gli integratori siano inutile per migliorare la qualità dello sperma.
Chi ha problemi di concepimento lo sa: se l’infertilità è maschile, uno dei primi provvedimenti consigliati è l’assunzione di integratori (generalmente piuttosto costosi) che ne migliorino la concentrazione, la motilità o la morfologia.
A base di vitamine C, D3 ed E, acido folico, zinco, selenio e acetil-L-carnitina, questi prodotti rappresentano sempre il primo tentativo di arrivare a una soluzione senza ricorrere a pratiche più invasive e finora nessuna ne aveva mai messo in dubbio l’utilità.
Un recente studio condotto, però, dalla professoressa Anne Steiner dell’Università del North Carolina a Chapel Hill (Usa) – il più vasto tra quelli mai effettuati finora – dimostra, invece, la totale inefficacia di questi prodotti nel miglioramento delle qualità spermatiche con risultati che, al momento, sono incontestabili.
Il test, infatti, ha interessato gli uomini di 174 coppie in cura presso diversi centri degli Stati Uniti e con le diagnosi più disparate: alcuni avevano livelli sotto la norma di concentrazione spermatica (che per l’Oms è uguale o maggiore di 15 milioni di spermatozoi per millilitro), di scarsa motilità (che dovrebbe essere uguale o maggiore del 32%), e di morfologia (quella normale dovrebbe essere uguale o maggiore del 4%), o valori più elevati di frammentazione del Dna (la normalità dovrebbe essere uguale o superiore al 25%).
Gli uomini sono stati divisi in due gruppi: a un gruppo è stato dato un placebo; l’altro è stato trattato con una formulazione giornaliera di 500 mg di vitamina C, 2000 IU (unità internazionale) di vitamina D3, 400 IU di vitamina E, 1 mg di acido folico, 20 mg di zinco, 200 mcg di selenio e 1000 mg di acetil-L-carnitina.
Entrambi i gruppi sono stati sottoposti al trattamento assegnato per per un periodo che va da un minimo di 3 a un massimo di 6 mesi al termine dei quali sono stati valutati i risultati ottenuti:
una minima differenza tra i due gruppi si è riscontrata per il parametro della concentrazione spermica. Nessuna differenza, invece, per tutti gli altri parametri (motilità, morfologia, frammentazione del DNA).
Tra i due gruppi, poca differenza anche per quello che riguarda il concepimento spontaneo: 10,5% nel gruppo trattato con gli integratori, 9,1 in quello trattato con placebo).
Dopo anni, quindi, di prescrizioni (e scarsi risultati), è forse giunto il momento di salutare gli integratori nella cura dell’infertilità maschile, per passare subito ad affrontare il problema evitando di far perdere alla coppia altro tempo inutile.
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