I bambini capiscono l'ironia?

Eliminiamo subito ogni dubbi: sarcasmo, ironia, ma anche metafore, figure retoriche… non sono un linguaggio che i bambini, in particolare quelli in età prescolare, sono in grado di comprendere.
Lo dicono le reazioni dei piccoli di fronti a frase ironiche o sarcastiche, lo dicono gli educatori, lo dice la scienza.
Il linguaggio figurato inizia a essere compreso dai bimbi intorno ai 6 anni. Ma è soltanto con l’adolescenza che diventa un lessico familiare da condividere e con il quale confrontarsi.
Se vi state, dunque, chiedendo se per i bambini lo spot del Buondì Motta risulta facilmente comprensibile tanto da coglierne la chiave di lettura, la risposta è no: per i piccoli, soprattutto gli under 6, quella mamma sfortunata e scettica (altro termine difficile da spiegare) è rimasta schiaccoata sotto il peso di un enorme asteroide, lasciando da sola la figlia a piangere per la sua morte.

Detto questo, sfatiamo un mito. La pubblicità non ha finalità educative. Scopo di uno spot è far conoscere il prodotto e, possibilmente, venderlo.
Il fatto, dunque, che i bambini possano essere rimasti traumatizzati dalla morte della mamma (e del papà poi) non è un problema che i creativi della Saatchi&Saatchi avrebbero dovuto porsi.
Eppure, buona parte delle polemiche che lo spot ha suscitato in rete, destando le ire delle mamme 2.0, riguardano proprio l’effetto che lo spot ha avuto (o potrebbe avere) sui piccoli.

Ha senso questo tipo di argomentazioni per mettere in croce una campagna televisiva?
In realtà no.
La comprensione dell’ironia, infatti, dipende da diversi fattori:

  • in primo luogo, la maturazione delle aree cerebrali preposte che iniziano a svilupparsi e attivarsi intorno ai 6 anni;
  • in secondo luogo, il contatto con un ambiente in cui l’ironia viene utilizzata abitualmente come forma di comunicazione (banalmente, è stato dimostrato che i figli di genitori ironici arrivano prima a comprendere il sarcasmo e a utilizzarlo a loro volta);
  • in terzo luogo, le letture (o le visioni) che fanno uso di ironia come strumento per veicolare messaggi (non è un caso che moltissimi cartoni animati di oggi e di ieri se ne servono continuamente, anche qualora siano rivolte ai piccini: I Simpson, South Park, Willy il Coyote, i cartoni animati Disney, soprattutto quelli degli ultimi anni, Shrek…)

Appare chiaro, dunque, come l’ironia possa e debba essere insegnata, non solo per accrescere il bagaglio culturale del bimbo, ma soprattutto per stimolarlo a guardare le cose da un punto di vista diverso che fa uso, appunto, di espressioni ironiche per spiegare e raccontare la realtà.

Torniamo a monte. La preoccupazione delle mamme rispetto allo spot del Buondì Motta non ha alcuna ragione d’essere. Anzi, dovrebbe fornire loro uno strumento aggiuntivo per spiegare con parole semplici l’ironia, servendosi di esempi pratici tratti dalla vita del bambino per confortarlo e spiegargli effettivamente il senso generale della pubblicità.

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