Il braccio di ferro a tavola? É inutile!

Il rifiuto del cibo da parte dei bambini, anche molto piccoli, che si oppongono alla proposta di alimenti in precedenza accettati e mangiati volentieri e con gusto, spesso preoccupa e angoscia mamma e papà.
La frustrazione percepita dai genitori spesso genera insistenza, che a sua volta causa maggiore resistenza.

Spesso, infatti, il “no” del bambino davanti al piatto è direttamente proporzionale all’insistenza degli adulti sul cibo. Ridimensionando la “battaglia” a tavola è a volte possibile che l’atmosfera familiare trovi un sollievo e così il momento dei pasti divenga meno teso e il conflitto meno forte; dal braccio di ferro sistematico, si esce di solito tutti perdenti e scontenti.
La chiusura della bocca esprime un NO; non necessariamente è un NO al cibo, può riguardare la necessità di richiamare lo sguardo, la voce dell’adulto.
É una forma di appello all’altro.

Spesso i bambini mandano i messaggi soprattutto alla madre, non si tratta di capricci ma sono modalità intemperanti con cui il bambino manifesta all’altro un proprio disagio, affida alla propria madre quel boccone indigesto che non riesce a governare. Risulta di importanza fondamentale interrogare la dimensione di appello nel rifiuto alimentare.
L’ essere umano per vivere ha bisogno di essere dentro una relazione investita di una affettività.
L’atto alimentare è il primo atto nel quale il bambino incontra al contempo il nutrimento dello stomaco e un secondo nutrimento fondamentale per la costruzione della soggettività: il desiderio che la madre lo accolga e lo riconosca non solo come un oggetto da nutrire, ma come soggetto.
Il bambino chiudendo la bocca e vietando l’accesso a ciò che l’altro propone e a ciò che dall’altro proviene, sta provando a segnalare che il vero motivo del suo pianto e del suo rifiuto non è la fame, ma il dubbio sull’amore: “Che posto ho io nel tuo cuore?”.

Sebbene questi comportamenti possano spaventare, il rifiuto del cibo non rappresenta necessariamente situazioni patologiche; spesso, infatti, si tratta di quadri che potremmo definire di “bizzarria alimentare”, un’espressione transitoria di malessere, di un’impossibilità a fare, a dire, a capire o ad affrontare uno specifico momento evolutivo.
Alcuni bambini, a differenza di quanto sostenuto dai genitori, non rifiutano tutti i tipi di cibo, ma presentano una selettività alimentare; fanno fatica a mangiare particolari cibi, di determinati colori o consistenze, o si rifiutano di assaggiare cibi nuovi, manifestando una certa rigidità nelle loro scelte alimentari. Bisogna, dunque, distinguere tra bambini che, nonostante le preoccupazioni dei genitori, hanno una sviluppo e una crescita nella norma e coloro che realmente hanno un arresto o uno scarso accrescimento.

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