Il linguaggio segreto dei bambini
Non sempre le parole sono lo strumento utilizzato dai bambini per esprimere ciò che vogliono o pensano. Spesso si servono di un linguaggio “altro”. Che i genitori devono imparare a comprendere.

Non sempre le parole sono lo strumento utilizzato dai bambini per esprimere ciò che vogliono o pensano. Spesso si servono di un linguaggio “altro”. Che i genitori devono imparare a comprendere.
Intorno all’anno e mezzo i bambini sono, generalmente, in grado di utilizzare le parole per esprimere pensieri e richieste semplici. Il loro vocabolario si arricchisce giorno dopo giorno mentre le capacità linguistiche sono all’apice dello sviluppo.
Per i concetti più difficili, però, per raccontare emozioni e sentimenti complessi, le parole e il linguaggio verbale non sono lo strumento privilegiato dai bimbi, che preferiscono, invece, servirsi di un linguaggio segreto fatto di gesti, smorfie… che ogni mamma e ogni papà deve imparare a riconoscere e interpretare.
Per quanto non ci sia una regola generale per decifrare in modo univoco i segni lanciati dai piccoli, tuttavia esistono dei caratteri comuni a tanti bambini che possono mettere i genitori sulla strada della decodifica e della comprensione.
Distogliere lo sguardo, abbassare gli occhi, evitare il contatto visivo sono tutti segnali chiari di imbarazzo e timidezza.
Questo atteggiamento può avere una duplice chiave di lettura a seconda della situazione e dell’età del piccolo: prima dei due anni, infatti, può significare imbarazzo nel sentirsi posto al centro dell’attenzione e bisogno di una pausa; dopo i due anni, invece, quando il bambino ha sviluppato la capacità di provare un’emozione complessa come la vergogna, possono denotare proprio questo stato d’animo. In altre parole, il bambino sa o pensa di avere fatto qualcosa di sbagliato ed evita lo sguardo della mamma o del papà per vergogna.
Di fronte a un simile atteggiamento, i genitori dovrebbero cercare di capire cosa c’è che non va e spiegare al bambino come porre rimedio a ciò che ha combinato.
Se il bambino non ha mai avuto problemi a dormire da solo nel suo lettino, senza bisogno di circondarsi di oggetti e giocattoli, e improvvisamente cambia atteggiamento e si circonda di ogni cosa che gli capiti sotto tiro, probabilmente è terrorizzato e non sa come affrontare o spiegare le sue paure.
Questo comportamento si verifica, normalmente, dopo i 2 anni, quando l’immaginazione prende il sopravvento sulla realtà e le notti si popolano di incubi e mostri cattivi. In questa fase, i sogni sono terribilmente reali e dire al piccolo che non sta succedendo nulla e che ciò che vede non esiste non serve a nulla.
Il consiglio è quello di porsi allo stesso livello del bambino, aiutandolo a trovare tra le mille cose che si porta a letto quella che davvero potrebbe “salvarlo” in caso di bisogno, investendo questo oggetto di un potere magico in grado di tenere il male lontano da lui.
Conoscere persone nuove, trovarsi circondato da estranei è una situazione stressante non solo per un bambino (basti pensare al nervosismo che ci assale quando dobbiamo prendere parte a un evento in cui non conosciamo nessuno, parlare davanti ad estranei…). Se, però, gli adulti possiedono gli strumenti razionali per controllare il loro nervosismo, i piccoli ne sono del tutto privi e si servono dell’unico mezzo che conoscono per evitare il problema: cancellare la situazione in modo fisico (se non guardo e nessuno può guardarmi, allora io non esisto e non esistono neppure gli altri). Ecco, dunque, che alcuni bimbi di fronte a estranei si coprono il volto con le mani o infilano la testa sotto la maglietta.
In questi casi, i genitori devono imparare a tranquillizzare il bambino facendolo sentire al sicuro, mostrandosi a proprio agio nella nuova situazione e dimostrandosi amichevoli e caldi con la persona che si ha di fronte.
Esistono dei chiari segnali che dovrebbero allertare i genitori sul fatto che è giunto il momento di togliere il pannolino e passare al vasino. Uno di questi è la ricerca della privacy da parte del bambino nel momento della defecazione. Presto, infatti, i bimbi capiscono che pipì e popò sono, in un certo senso, atti privati e che mamma e papà se ne “occupano” chiusi dentro al bagno. Per emulazione, quindi, e anche per vergogna, i piccoli vi si dedicano quasi in segreto, nascosti dietro ai mobili o accucciati in un angolino remoto.
In questi casi, il più delle volte, significa che il bambino è pronto ad abbandonare il pannolino per passare al vasino.
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