Il mio campus del cuore

Mi chiamo Sara e ho appena compiuto 15 anni. Quando avevo 14 anni sono partita per un’esperienza di volontariato in Guatemala con la fondazione Francesca Rava.
Il viaggio é stato lungo e faticoso. Il nostro gruppo di volontari (italiani dai 14 a 19 anni) è partito alle 5 del mattino da Milano Linate ed è arrivato a mezzanotte del giorno dopo. Poiché per il Guatemala ci sono pochi voli e pochi turisti, abbiamo fatto scalo prima a Madrid e poi in un paese vicino di nome El Salvador.

Quando finalmente siamo arrivati, un gruppo di giovani del campus ci è venuto a prendere all’aeroporto e ci ha raccontato un po’ della loro vita. I giovani erano molto spiritosi e non riuscivano a smettere di ridere e scherzare. Mi ha riempito il cuore di felicità perché sembravano davvero sereni e felici di vederci.

L’orfanotrofio é organizzato in casette, per gruppi di età, separati tra maschi e femmine, con un’enorme stanza che si dividono tra loro, con tantissimi letti a castello e un bagno gigantesco. Ogni casetta ha una o due tie, le persone che si prendono cura dei bambini; tia, infatti, vuol dire zia in spagnolo. Le tie sono molto rispettate dai bambini che obbediscono sempre. Per esempio, la sera quando i bambini vengono chiamati per andare a dormire, non si lamentano e corrono subito a letto.

La casa si trova in una città di nome Parramos e una sera siamo andati a vedere una piccola partita di calcio fra due squadre locali. Giocavano molto bene e con tantissima passione. Anche se c’erano solo 30 spettatori, quando una squadra segnava un gol urlavano più forte che allo stadio.

Un momento felice è stato quando abbiamo celebrato il compleanno di uno dei bambini del campus. Il cuoco aveva preparato una torta enorme tutta ricoperta di glassa e di zucchero. I bambini sono impazziti. Continuavano a chiedere altre fette e ho notato che quando le ricevevano le condividevano non solo con gli altri bambini ma anche con noi volontari, senza pensarci due volte.
Da questo ho capito che nella casa i bambini hanno un senso di condivisione maggiore di altre persone perché avendo loro sofferto la fame non vogliono che altri debbano soffrirla a loro volta.
Un altro momento che mi resterà sempre impresso nella mente è stato quello in cui una delle bambine si è messa a piangere davanti a me la sera prima della mia partenza. Era una delle ragazze con cui avevo legato all’inizio del mio periodo nella casa, mi aveva regalato un disegno e un braccialetto. Vedendola piangere mi si è stretto il cuore. Piangeva per la mancanza della sua famiglia. Mi sentivo in colpa perché non sapevo come aiutarla, non ero stata mai messa in una posizione come la sua.
L’unica cosa che potevo fare per lei era starle vicino e farle capire che anche se la sua famiglia non c’era più non voleva dire che fosse sola perché tutte le persone nel campus le erano vicine; infatti, quando le altre ragazze l’hanno vista piangere vicino a me, sono corse ad abbracciarla e finalmente sulla sua faccia ho visto un sorriso.

La cosa più faticosa che ho dovuto fare durante il mio viaggio è stato lavorare il mattino, hanno cominciato un progetto mentre noi eravamo ospiti nella casa per costruire una strada. Per questo motivo la mattina ci svegliavamo presto e dopo la colazione andavamo a lavorare per appiattire la base sulla quale doveva essere costruita la nuova strada. Anche se faceva molto caldo e dovevamo lavorare cosi per 5 ore, alla fine ero molto contenta perché sapevo di aver fatto qualcosa che avrebbe facilitato la vita delle persone che abitavano nella casa.
L’esperienza di volontariato in Guatemala è stata per me molto toccante. In particolare mi sono affezionata a un bambino che ho poi adottato a distanza e con il quale ho scambiato delle lettere quest’inverno. Ha 8 anni ed è bravissimo a calcio. A luglio tornerò in Guatemala con una mia amica di nome Cecilia, per andare a trovarlo e lavorare ancora all’orfanotrofio.
Se volete saperne di più, ecco il link ai campus solidali dell’associazione Francesca Rava https://campus.nph-italia.org

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