Lo fai per Instagram o per tuo figlio?

Chiariamo subito un punto. La ricerca del consenso degli altri fa parte della natura umana.
Che siate genitori, figli, semplici dipendenti, top manager di successo, attori di fama mondiale, commesse in un grande magazzino… tutti hanno bisogno di sentirsi lodati, apprezzati, ‘seguiti’.
Non c’è niente di male, a meno che questa ricerca di approvazione nasconda una profonda insicurezza e problemi più gravi di autostima, si tratta di un modo di affermarsi ANCHE attraverso gli occhi dell’altro.
Ciò che, invece, non va affatto bene, è quando il bisogno di consenso da parte degi altri condiziona la nostra vita, le nostre scelte, la nostra quotidianità.
Ancora peggio, poi, se il consenso che cerchiamo non arriva da parenti e amici di cui ci fidiamo e a cui teniamo, ma da perfetti sconosciuti che in modo, il più delle volte, estremamente superficiale, mettono un LIKE, un CUORICINO… alle nostre condivisioni sui social.

Anche in questo caso, nessun moralismo.
Ciascuno è libero di pubblicare online quello che gli pare. E nel rispetto della privacy di chi lo circonda, nulla vieta che si possa decidere di fare della propria vita un reality show online h24 (#TheFerragnez insegnano).
Quello a cui bisogna porre attenzione, però, è che la faccenda non ci sfugga di mano, trasformando quella che dovrebbe essere una condivisione della nostra vita, la ragione stessa della nostra vita.
Per farla breve: per chi facciamo quello che facciamo? Per noi stessi o per il nostro pubblico (audience, in gergo) sulla rete?

LO FAI PER TUO FIGLIO O PER IL TUO PUBBLICO DI INSTAGRAM?
Le mamme sui social sono una delle categorie più apprezzate. Molte di loro hanno fatto della loro passione per la rete un lavoro. Alcune hanno profili con migliaia di followers/fans.
Altre ancora sono vere e proprie influencer.
Ci sono le mamme green, le mamme cuoche, le mamme che viaggiano, le mamme creative…
Tutte pubblicano, condividono, commentano, rispondono, danno e chiedono consigli…
Hanno una vita normale che, semplicemente, hanno scelto di condividere.
Poi, però, a chi sta da questa parte dello schermo, la domanda nasce spontanea: ma per chi lo fanno davvero? Per se stesse o per amore dei loro figli?
Per chi impiattano il passato di verdura come se fosse lo storyboard di Walt Disney? Per se stesse o per il bambino di 8 anni?
Per chi attraversano il ponte tibetano più lungo del mondo con il neonato nella fascia e i gemelli che trotterellano spensierati davanti? Per chi organizzano feste di compleanno che richiedono settimane di preparazione quando la figlia aveva chiesto semplicemente di poter invitare due amiche a giocare con le Barbie?
Per chi passano le giornate a cucire, incollare, intagliare…?

Non sono domande retoriche.
La situazione può facilmente sfuggire di mano senza che ce ne si renda conto.
E tutto sommato, va bene anche così.
Forse, però, bisognerebbe ammetterlo (è sufficiente con se stessi).
E, poi, ogni tanto, spegnere il telefono.

I bambini hanno bisogno della mamma in pigiama che gioca con loro sul tappeto del soggiorno con una bambola spelacchiata e che non ha niente di “instagrammabile”.
Preferiscono un banale panino al prosciutto alla vellutata di zucca con la bocca del peperone e gli occhi del ravanello.
E amano le vacanze al mare al solito posto, con gli amici di sempre, i nonni che li viziano e l’ombrellone sotto cui rifugiarsi quando fa caldo.
Questo non significa assecondarli. E non significa nemmeno che non possano essere educati al bello di Instagram o alla socialità di Facebook.
Ogni tanto, però, varrebbe la pena spegnere il telefono. E provare a vivere quello che si fa, anziché raccontarlo.

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