Memoria prenatale
Secondo gli ultimi studi effettuati su neonati, bambini nati prematuramente e feti, esisterebbe una memoria prenatale indispensabile per la determinazione di alcuni parametri di apprendimento.

Secondo gli ultimi studi effettuati su neonati, bambini nati prematuramente e feti, esisterebbe una memoria prenatale indispensabile per la determinazione di alcuni parametri di apprendimento.
Se per anni si è ritenuto che i bambini non avessero alla nascita alcun ricordo della loro vita uterina, studi recenti, condotti negli ultimi 20 anni, hanno, invece, messo in evidenza come i neonati, i bimbi nati prematuramente e, persino, i feti siano dotati di una serie di paradigmi di apprendimento che permetterebbero di dimostrare, con metodo sperimentale, l’esistenza di una memoria funzionale prenatale.
Addirittura, secondo alcune teorie, le esperienze sociali e individuali dell’uomo inizierebbero a strutturarsi già durante il concepimento, sviluppandosi via via nell’arco di tutta la gestazione sino a determinare la base della personalità dell’individuo. In particolare l’autostima e la capacità di relazionarsi con i propri genitori e con gli altri dipenderebbero da quanto si è appreso e vissuto nel grembo materno.
Si tratta, ovviamente, di studi che stanno cercando conferme in ambito scientifico e che sono alla base dell’odierno dibattito relativo alla liceità o meno dell’aborto, della fertilizzazione in vitro, della clonazione umana o delle ricerche sull’embrione… In ogni caso, qualunque sia la posizione etica di ciascuno, è indubbio che grandi passi in avanti sono stati compiuti nello studio e nella conoscenza della vita fetale del nascituro.
A questo proposito, l’interesse più diffuso è rivolto proprio al tema della memoria fetale che spiegherebbe la capacità del feto di rispondere agli stimoli provenienti dal mondo esterno adeguando il suo comportamento e la sua risposta a seconda dei condizionamenti ricevuti. Così parrebbe che il neonato alla nascita sia in grado di riconoscere il suono della voce materna o una particolare musica ascoltate durante la vita uterina. Oppure, che il gusto del bambino sia, in realtà, determinato dal tipo di alimentazione cui si è sottoposta la mamma in gravidanza condizionando, così, le preferenze alimentari del figlio…
Si tratta di una memoria molto diversa da quella che entra in funzione nella vita adulta, chiamata a rispondere a funzioni piuttosto semplici e per certi versi ancestrali. Eppure, nonostante questa semplificazione, i comportamenti che mette in atto risultano fondamentali per la vita futura del neonato: movimenti respiratori fetali, movimenti oculari, deglutizione, suzione…
Accanto, poi, a queste funzioni prettamente meccaniche, la memoria fetale interverrebbe anche sul piano psicologico permettendo, per esempio, il riconoscimento da parte del bambino della mamma e agevolando la costruzione del rapporto tra i due e, di conseguenza, la capacità del bimbo di riconoscere in lei la fonte del suo sostentamento. Il medesimo fenomeno, poi, favorirebbe anche l’attaccamento al seno e l’inizio dell’allattamento. Come dicevamo sopra, infatti, il sapore dei cibi assunti dalla mamma in gravidanza è presente sia nel liquido amniotico che nel latte. Durante la prima poppata, quindi, il bambino riconosce un gusto a lui familiare ed è spinto a ricercare il seno della mamma apprezzandone il “contenuto”.
Un’altra area in cui sembrerebbe intervenire la memoria fetale è l’area dell’apprendimento linguistico dal momento che, già nel grembo materno, il bambino imparerebbe a riconoscere il tono della voce della mamma (sebbene le singole parole gli arrivino in modo confuso) iniziando, così, a mettere in moto quei meccanismi che in seguito saranno indispensabili per l’acquisizione del linguaggio.
Su questo argomento è stato indetto dall’Università degli Studi di Parma in collaborazione con l’
Per maggiori informazioni: www.anep.org.
Cosa ne pensi