Metodo Kumon: in cosa consiste

Il Metodo Kumon, attualmente utilizzato con successo da oltre 4 milioni di scolari in oltre 50 paesi del mondo, arriva dal Giappone dove fu messo in pratica per la prima volta nel 1954 dal professore di matematica Toru Kumon con l’intento di aiutare il figlio a sviluppare al meglio il suo potenziale di apprendimento fornendogli non tanto le informazioni necessarie per diventare un buono studente, quanto piuttosto gli strumenti indispensabili per diventare autonomo nello studio e acquisire maggiore fiducia e consapevolezza nelle proprie possibilità di successo scolastico.
Scopo del metodo, infatti, è soprattutto quello di insegnare ai bambini a studiare in modo autonomo sin dalla più tenera età, superando le sfide quotidiane con determinazione, pazienza e fiducia in se stessi. In questo scenario, i piccoli devono affrontare personalmente la ricerca delle conoscenze, tramite la stimolazione e il divertimento per l’apprendimento e senza alcuna paura di non farcela.
In altre parole, il metodo non tiene conto dell’età dello studente o della classe frequentata, ma solo delle sue reali conoscenze e della sua propensione per la materia, in un percorso che segue il ritmo di apprendimento del bambino senza forzarlo.

I 4 ‘DOGMI’ DEL METODO KUMON

  1. Il voto non conta
    Il voto non è né un limite né l’obbiettivo nel metodo Kumon. Al contrario, esso cerca di fare in modo che ogni bambino riesca a esplorare e sviluppare al massimo le sue competenze a seconda delle sue capacità individuali e personali e sempre e solo per il puro piacere di imparare.
  2. L’apprendimento da autodidatta è fondamentale
    Il metodo Kumon non impone una strada particolare nello svolgimento degli esercizi e nella loro soluzione. Imparando da autodidatta, i piccoli possono scegliere liberamente la strada per loro più adatta per arrivare alla risposta corretta, senza essere condizionati da consigli e pareri esterni.
  3. Apprendimento progressivo
    L’apprendimento del bambino avviene in modo graduale senza forzare i suoi tempi e i suoi limiti. Ogni scheda contiene, infatti, esercizi di livello superiore rispetto ai precedenti, ma non detta una tabella di marcia rispetto all’esecuzione dei problemi. L’apprendimento è, dunque, realmente, progressivo e tiene conto dei limiti di crescita di ciascuno studente.
  4. Non insegnanti, ma osservatori
    L’insegnante perde, quindi, il suo ruolo cattedratico per diventare un puro osservatore dei progressi ottenuti dagli studenti. Il suo compito è, soprattutto, quello di adattare il materiale alle abilità del bambino partecipando ai suoi progressi, incoraggiandolo a proseguire e a scoprendo tutte le sue abilità.

Il metodo viene proposto, soprattutto, per l’apprendimento della matematica ed è particolarmente diffuso tra gli scolari della scuola primaria e secondaria di primo grado, anche se non mancano bambini in età prescolare e studenti liceali che, grazie al metodo, si riconciliano con i numeri e le formule.
Prevede l’uso di particolari schede e un’applicazione giornaliera di 10/15 minuti al massimo

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