Mezzogiorno di fuoco. Ovvero dello svezzamento (parte I)

Sulla carta, sembrava un gioco da ragazzi.
Mi sentivo pronta. Avevo letto tutti i manuali del caso. Avevo con me non uno, ma ben due, libri di ricette per bebè. E che ricette, aggiungerei. Roba che mi farei fuori io in un nano secondo se solo avessi in mano quel famoso cucchiaino!
Cucinare so cucinare, mi dicevo.
Bio era bio. Crema di riso bio, zucchina bio, carota bio, patata bio, olio evo bio. Persino il parmigiano era un parmigiano di gran spessore, invecchiatura 3 anni. Che quando l’ha scoperto il Gatto che lo avevo grattugiato per metterlo nella pappa di Cossy ha sgranato gli occhi come due palline da golf.

Insomma, ero pronta. Lo svezzamento sarebbe stato una passeggiata. Avevo le idee chiare. Solo cibi sani. Si comincia col salato. Che così mi ha detto la pediatra. Ma ha pure senso. Perché il dolce le piace sicuro. E’ al salato che si deve abituare. Niente sale. Niente zucchero. Una verdura per volta, ma senza farsi troppi problemi. Omogeneizzati e pappe pronte limitate ai viaggi e alle occasioni speciali. Insomma, che sarà mai?

Avrebbe dovuto mettermi in guardia la telefonata inquisitoria di mia madre poco prima del grande evento.
Hai fatto il brodo? Come lo hai fatto? Hai messo la crema? Che crema hai usato? Lei ha dormito? E’ tranquilla? (ma che c’entra se è tranquilla, scusa?)
O certe inquietanti immagini di bambini sporchi fin sopra ai capelli (ma Cossy è intelligente. Lei impara tutto subito. Capirà al volo come si usa un cucchiaino. E che sarà mai?).
O i racconti di altre mamme (schiavitù brodo, pappa ovunque, due ore per 50 gr, mi sono dovuta lavare da capo a piedi). Ma perché alla gente piace sempre esagerare? Mica è il Vietnam!

E così, il giorno prefissato, al compimento del quinto mese, come consigliatomi dalla pediatra, Cossy si ritrova con due bavaglini, uno di plastica e uno di stoffa, seduta per la prima volta sul seggiolone. A guardare il mondo dall’alto il basso. Felice e sorridente della nuova prospettiva.
Sarà una passeggiata. Mi ripetevo io come un mantra. Credendoci, tra l’altro.

Ci ritroviamo così. Una di fronte all’altro. Mezzogiorno di fuoco in versione bebè. Io con il cucchiaino, convinta di inforcare un fucile. Lei con gli occhi sgranati. Convinta che io sia impazzita.

Ci manca il sole a picco (che manca a prescindere dalla nostra pappa) e Ennio. Quasi quasi ora lo metto su.

Ma che diavolo sta succedendo? Lo so cosa pensa. Lo so.
E prima ancora che possa rendersene contoÂ…. tacÂ…. le infilo il cucchiaino colmo di una brodaglia giallastra poco credibile (200 gr di brodo di verdure, tre cucchiai di crema di mais tapioca, un cucchiaino di olio evo, un cucchiaino di parmigiano) in bocca.
Lei mi guarda perplessa, poi piega la bocca, strizza gli occhi, emette pure un suono che se non ho le allucinazioni sembra proprio Bleah!!! (ma che? La prima parola di senso compiuto di mia figlia è Bleah?????) e in un secondo sputa tutto fuori, con tanto di palloncino finale e pernacchia.

Siamo allibite tutte e due. Assaggio la brodaglia. Forse è troppo calda. No. E’ perfetta. Forse ha preso un pezzo di parmigiano che ha fatto qualche grumo. No. Tutto è liscio e omogeneo. ForseÂ…. Lei mi guarda e sorride. Liberatasi del fastidioso rospetto, è felice come una Pasqua.
Lei.
Ma io sono tenace. E poi è il primo boccone.
Ci riprovo. Lei apre la bocca. Prende la poltiglia, scuote la testa e come la figlia dell’esorcista, senza inghiottire nemmeno una particella minuscola, se la fa fuoriuscire tutta sul mento, il collo, il bavaglino che siamo solo a due bocconi ed è già ridotto uno schifo.
Ci riprovo. Questa volta va meglio. Sputa direttamente nella pentolina.
Ci riprovo. Serra la bocca come il caveau di una banca.
Ci riprovo. Mi guarda con aria supplichevole implorando pietà. Ma la bocca non la apre.
Ci riprovo. Di nuovo la figlia dell’esorcista.
Ci riprovo. Gira la testa di 90° e inizia a guardare il soffitto (le manca di fischiettare ed è la perfetta gnorri. Ma dove ha imparato tutta sta mimica?) Ci riprovo. Scoppia in un pianto disperato e inconsolabile.

Appoggio il cucchiaino e la guardo. Non la consolo. Non le dico niente. Non so cosa fare. Non posso farle andare giù il cibo a forza.
Che faccio? Mollo il colpo e le dò il latte? Mollo il colpo e non le dò il latte? La consolo? La lascio piangere? Mi alzo e me ne vado.
Mi ficco in bagno, mi guardo allo specchio e comincio a chiedermi: Cosa c’è che non va?

Dilemmi. Ma la verità vera è che non ho la benché minima idea di cosa fare.
La prendo in braccio, la pulisco, la consolo e capisco.
Capisco che lo svezzamento sarà un incubo.

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