Nella testa di un remigino

Nelle scuola materne, i bambini dell’ultimo anno che l’anno prossimo frequenteranno la scuola elementare si chiamano remigni. Il nome deriva dalla riforma scolastica del 4 agosto 1977, quando l’inizio della scuola era fissato ovunque, per tutti, e cadeva il 1° ottobre. Giorno di San Remigio. Da cui l’usanza di chiamare gli alunni di prima ‘remigini’.
Per questi bimbi non ancora grandi, non più piccoli, la fine dell’anno scolastico si riveste di significati particolari. Un po’ come per i bambini di quinta elementare con la differenza che mentre per questi il passaggio è chiaro dal momento che hanno la capacità di comprendere quello che accadrà, gli altri si muovono nel buio, mischiando paura e eccitazione e comprendendo che nulla più sarà come prima.

Cosa prova, dunque, un remigino?
Inevitabilmente gioia. Per la fine della scuola e l’inizio, finalmente, delle vacanze.
Sicuramente un pizzico di tristezza. Per le maestre tanto amate da salutare, per i compagni lasciati indietro.
Indubbiamente paura, per quella grandissima incognita che è la scuola elementare.
Sicuramente orgoglio, per gli occhi lucidi di mamma e papà durante la festa di fine anno. Per il tocco che in molte strutture viene donato loro. Per quel modo diverso di dire ‘com’è grande!’ che spesso è associato ai bimbi di 6 anni.

Sebbene la scuola elementare sia stato un argomento trattato e affrontato con i piccoli remigini, il passaggio tra la scuola materna e il nuovo mondo, rappresenta per un bambino il primo vero punto di domanda della sua vita. Il primo di innumerevoli momenti in cui il piccolo prima e l’adulto poi dovrà fermarsi, respirare e chiedersi ‘E adesso?’
E adesso cosa succede?
E adesso come andrà?
E adesso dove sono esattamente?

Se la paura i bambini l’associano al lupo, alla strega o al castigo, l’incognita che aleggia in questi giorni nella testa del remigino, è la prima paura astratta che dovrà affrontare, vivendo insieme quel misto di gioia e terrore che i salti nel buio spesso si portano dietro.

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