Parto indolore: il gas esilarante
Testato per il momento all’Ospedale Buzzi di Milano e all’Umberto I di Roma, viene proposto alle partorienti un modo nuovo di partorire senza dolore: utilizzando il protossido d’azoto.

Testato per il momento all’Ospedale Buzzi di Milano e all’Umberto I di Roma, viene proposto alle partorienti un modo nuovo di partorire senza dolore: utilizzando il protossido d’azoto.
Di questi giorni la notizia che all’Ospedale Buzzi di Milano, nel mese di agosto, dieci donne sono state accompagnate al parto attraverso l’uso di protossido d’azoto, un gas che consente di dimezzare i dolori durante il travaglio, rendendo il momento del parto più sereno.
Si tratta di una tecnica assolutamente innovativa (viene utilizzata con successo anche all’Umberto I di Roma e, abitualmente, negli ospedali inglesi e americani) che utilizza, però, un sistema anestetico vecchio e collaudato da secoli: il protossido d’azoto, conosciuto anche come gas esilarante, appunto.
Partorire utilizzando ossido d’azoto sembrerebbe avere innumerevoli vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali utilizzate per diminuire il dolore durante il travaglio (per esempio, la famosa epidurale).
Innanzitutto, a quanto pare, non ci sarebbero controindicazioni per la partoriente, trattandosi di un gas innocuo che, al massimo, procura euforia e, pare, un blando effetto afrodisiaco.
Inoltre, può essere autosomminastrato dalla donna stessa, debitamente istruita sul funzionamento e le dosi, eliminando il problema della presenza fissa, al momento del parto, dell’anestesista.
Infine, lascia la futura mamma sveglia e perfettamente cosciente di quello che le sta accadendo limitandosi a diminuire il dolore nelle fasi peggiori del travaglio.
Sebbene si parli tanto di tecniche che favoriscano il parto indolore, nella realtà delle cose sono pochissimi gli ospedali italiani che garantiscono alla partoriente la sicurezza di poterne usufruire al momento del travaglio. La stessa epidurale, che va comunque, preventivamente concordata, può essere praticata solo in una certa fase del travaglio e solo in presenza dell’anestesista (qualora, quindi, questi non sia presente in reparto, il personale medico non è autorizzato a effettuarla).
L’utilizzo di tecniche alternative, possibilmente facilmente utilizzabili da chiunque, in qualsiasi giorno della settimana e senza rischi eccessivi per la donna, non può che essere una conquista che riporta l’Italia agli standard dei più evoluti paesi europei (e non europei).
La terapia del dolore è, infatti, un diritto a cui qualsiasi paziente ha diritto, sempre e comunque. E che, invece, troppo spesso viene negata più che altro per questioni organizzative e burocratiche.
In questo senso sia il Buzzi di Milano che l’Umberto I di Roma si collocano tra le strutture più attente alle esigenze della futura mamma e, perché no?, anche del bambino.
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