Perché alcuni bambini mangiano troppo?
I bambini che mangiano troppo, spesso, lo fanno non tanto per saziare l'istinto della fame, ma per colmare un vuoto interiore e attirare su di sé l'attenzione. Come intervenire in questi casi?

I bambini che mangiano troppo, spesso, lo fanno non tanto per saziare l'istinto della fame, ma per colmare un vuoto interiore e attirare su di sé l'attenzione. Come intervenire in questi casi?
Le giornate dei bambini contemporanei sono spesso piene di attività: sport, corsi di lingua, corsi di canto…
Il loro tempo non è mai libero.
Il tempo dedicato alla noia, al pensiero, alla tranquillità non è mai perso; tuttavia, a partire proprio dai numerosi impegni che caratterizzano il quotidiano dei piccoli, sembra che venga così inteso dal mondo adulto.
Il cibo e l’atto alimentare possono inserirsi all’interno di questo quadro generale: per tappare il buco della noia, dello stare senza far niente, i bambini sono abituati a ricevere costantemente qualcosa, siano essi regali, stimoli, lezioni e, al tempo stesso, a richiedere attenzioni e cibo.
In queste circostanze la richiesta che il bambino fa del cibo non parte tanto dalla fame, dal buco del pancino, ma riguarda una sensazione di vuoto interna, appartenente più all’area del cuore, che spinge il piccolo a fare del cibo il proprio compagno o il tappo che riempie e pacifica.
L’oggetto-cibo allenta sentimenti di solitudine, di mancanza, di noia che talvolta risultano appunto difficili da gestire e tollerare.
Al tempo stesso, il bambino sovrappeso desidera attirare lo sguardo su di sé, rendere visibile il suo corpo al mondo adulto affinché cali su di lui uno sguardo amorevole e attento a riconoscere e interrogare il suo malessere nascosto, la sua insofferenza. Tuttavia questa visibilità del corpo non raramente può causare derisione e stigmatizzazione sociale che inevitabilmente possono influire negativamente sull’autostima del bambino in fase di sviluppo.
Nonostante l’evidente presenza di una componente psichica e relazionale in questi quadri alimentari, spesso l’intervento è orientato prevalentemente a livello nutrizionale.
Sarebbe opportuno, invece, un approccio multidisciplinare che tenga conto di tutte le variabili mediche, sociali, psicologiche e comportamentali intervenienti nella patologia in questione.
Vi è, infatti, una forte spinta sociale che chiede che qualcuno si occupi del corpo e che non sia solo qualcuno di formazione medica ma anche qualcuno che a questo corpo possa assegnare un posto nella storia soggettiva del bambino, capace sia di tenere conto della multifattorialità del disagio sia di rivolgere lo sguardo al soggetto che il bambino è e non al grasso che il bambino ha.
Per maggiori informazioni:
Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori Onlus
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