Perché i pediatri non fanno visite domiciliari?

Quella delle visite domiciliari da parte dei pediatri di base è un’annosa questione: da una parte i genitori, che non capiscono e non accettano che un medico si rifiuti di visitare a casa sua un bambino malato; dall’altra i pediatri, convinti che le visite domiciliari non solo non servano, ma siano addirittura controproducenti, dal momento che obbligano il medico a diagnosi affrettate, il più delle volte effettuate senza i corretti strumenti diagnostici.
Chi ha ragione?
Lo abbiamo chiesto al dottor Antonio Brienza, pediatra di famiglia a Cantù e responsabile del sito www.amicopediatra.it.


C’è stato un tempo in cui i pediatri effettuavano visite domiciliari? Da quanto tempo questa pratica è caduta in disuso?
Da una quindicina d’anni, dopo una lunga disanima culturale e sociale che ha portato i pediatri a optare per questo tipo di soluzione.

Quali sono le ragioni di questa scelta?
Diversamente da quanto pensa la maggior parte dei genitori, il motivo più importante per il quale si è deciso in questo senso è che il bambino malato, in un ambulatorio attrezzato, riceve una visita di qualità nettamente superiore a quella che riceverebbe a domicilio e, di conseguenza, la visita domiciliare lo espone per vari motivi a un maggior rischio di diagnosi errata. Le visite domiciliari, infatti, che tanto tranquillizzano le madri, erano per lo più visite molto veloci, effettuate senza strumenti diagnostici adeguati e che portavano a conclusione, talvolta, approssimative per le quali si interveniva con terapie non sempre mirate. Banalmente, non per tutte le patologie è possibile distinguere con la sola visita un’infezione virale da una batterica: l’antibiotico a largo spettro diventava, in queste situazioni, una sorta di panacea per il medico, senza tuttavia essere veramente necessario per migliorare la salute del bambino.
Un medico coscienzioso, invece, in uno studio organizzato può offrire al piccolo malato una visita accurata e utilizzare, quando serve, alcuni strumenti che permettono una diagnosi più precisa e una terapia più mirata.
Tra l’altro, questa delle visite domiciliari è una tradizione tutta italiana. In nessun altro paese al mondo si effettuano e da nessuna parte al mondo questo viene considerato un problema.
La difficoltà a effettuarle si è acuita quando al pediatra, che prima si limitava a fare prevalentemente prestazioni di diagnosi e cura, sono state assegnate una serie di prestazioni e di screening che, un tempo, erano a carico dei consultori e della medicina scolastica.
Non solo, se si tiene conto che la carenza di pediatri ha ‘costretto’ la maggior parte di quelli di famiglia ad ampliare il proprio massimale (per legge ogni pediatra ha in cura almeno 800 bambini più il 10%) portandoli ad assistere più di 1000 piccoli pazienti, ci si rende conto che gli spostamenti necessari per le visite domiciliari sottrarrebbero la maggior parte del tempo, compromettendo seriamente la qualità delle visite di controllo effettuate in studio considerate le più importanti per la salute globale del bambino, per la prevenzione, per momenti di educazione alla salute e per il sostegno a una genitorialità sempre più complessa e problematica.

Quali sono gli esami che possono essere effettuati in studio e che consentono di avere diagnosi più precise?
– Il tampone faringeo che consente di stabilire immediatamente se l’infezione in atto che colpisce la gola è di tipo batterico (streptococco) o virale (si tratta di un esame che richiede una decina di minuti di attesa per la risposta)
– L’esame completo delle urine che andrebbe eseguito in tutti i lattanti febbrili e nelle febbri senza sintomi localizzati in modo preciso.
– La PCR (proteina C reattiva) che aiuta a distinguere le infezioni batteriche da quelle virali e il cui marcato innalzamento sta a indicare infezioni batteriche di una certa gravità.
– La conta dei globuli bianchi (l’esecuzione necessita, però, di un’apparecchiatura piuttosto costosa che non tutti gli studi pediatrici possono acquisire con facilità)
Impedenziometro utile per effettuare una diagnosi corretta di otite nei casi in cui l’otoscopia non permetta l’osservazione del timpano per presenza di cerume e per seguire l’evoluzione di un’otite nel tempo.

Perché i genitori sono restii a portare in studio un bambino malato?
Questa sarebbe una domanda da porre ai genitori. A mio parere perché temono che l’uscita con la febbre possa compromettere ulteriormente lo stato di salute del bambino. A spaventarli è proprio la presenza della febbre. In realtà, poi, quando il bambino sta veramente male e nei casi più gravi (per esempio, di fronte a convulsioni o dolori addominali importanti), il piccolo viene portato fuori e condotto in un pronto soccorso in maniera quasi automatica.
E’ giunto il momento di sfatare un mito: portare fuori un bambino con la febbre non è pericoloso per la sua salute. Non aggrava la situazione. Sostanzialmente non la modifica.

Come va vestito un bambino con la febbre?
A seconda della stagione, così come si veste l’adulto. Eventualmente, nei mesi invernali, avendo cura di coprire bene le prime vie respiratorie. E usando il buon senso (se si esce in macchina, per esempio, non tenere il riscaldamento al massimo e spegnerlo un po’ prima dell’arrivo per evitare inutili sbalzi di temperatura).

Ci sono casi in cui sarebbe preferibile che il pediatra effettuasse una visita domiciliare?
A mio avviso la visita domiciliare ha motivazioni solo di tipo sociale. Mi capita rarissimamente di farle nei casi in cui non sono certo che i genitori abbiano ben recepito le terapie o sospetto che queste non vengano effettuate nel modo corretto per problemi gravi collaterali che riguardano il nucleo familiare (tossicodipendenza, malattie psico-relazionali della coppia). Per il bene del bambino, quindi, in questi rari casi, dare un’occhiata a come stanno andando le cose rappresenterebbe un importante gesto di attenzione per un bimbo che vive in condizioni socio-familiari svantaggiate.

Cosa deve fare un genitore se il bambino sta male fuori dall’orario di visita del pediatra di base?
Se il pediatra ha lavorato bene con la famiglia, mediamente il genitore sa cosa fare in caso di malattia del bambino. Soprattutto per quel che riguarda le patologie più comuni. Nel caso in cui, però, si trovi ad affrontare una patologia per la prima volta, il consiglio è di non entrare in ansia e monitorare il bimbo. Se appare tranquillo, se svolge le attività di sempre, si può tranquillamente aspettare fino a quando si ha la possibilità di fissare la visita. Se ha la febbre, e sembra sofferente, gli si somministra l’antipiretico e si aspetta che questo faccia effetto. Se il bimbo si riprende, non ha davvero senso correre al pronto soccorso costringendolo a un’inutile esposizione ad altri virus e batteri e a lunghe ore d’attesa. Nei casi in cui il bambino appare particolarmente provato dalla malattia in atto ci si può rivolgere al servizio di continuità assistenziale che copre le notti e i giorni prefestivi e nei casi veramente gravi a un pronto soccorso pediatrico.

Potendo scegliere, come dovrebbe essere il pediatra di famiglia ideale? Cosa dovrebbe prendere in considerazione il genitore nella scelta?
Beh, sicuramente non il fatto che effettui o meno visite domiciliari. Io, se dovessi scegliere un pediatra per i miei figli adesso, vorrei una persona in grado di dedicare davvero del tempo al sostegno della genitorialità. Che abbia tempo, risorse e voglia da dedicare al rapporto tra il genitore e il bambino. Che sappia riflettere e far riflettere su tutte le dinamiche della vita del bambino, non solo sul suo stato di salute. Il pediatra, infatti, è una figura transitoria che dovrebbe fare da avvocato difensore dei diritti del bambino. Ma anche così facendo occuperebbe un ruolo secondario nella sua crescita. Ciò che conta davvero è la famiglia che questi ha intorno e la capacità di questa famiglia di rapportarsi con lui in modo sereno ed equilibrato.

Per concludere, quando opera privatamente, lei effettua visite domiciliari?
Domanda ‘maliziosetta’ a cui, però, posso rispondere tranquillamente senza tema di smentite. Per me i bambini sono tutti uguali. Da quando non effettuo visite domicliari come medico di famiglia, non lo faccio nemmeno privatamente. Non è una questione di profitto. Ritengo che le visite domiciliari non siano utili e sono convinto che se il servizio ambulatoriale è svolto con cura le visite a casa non servano se non a placare le ansie, comprensibili per carità, dei genitori. Per questo è fondamentale per me creare un buon rapporto con la famiglia. Un rapporto per cui questa si fida del proprio medico e si fida anche delle proprie capacità di intervento nei confronti delle patologie dei figli nei casi in cui è possibile farlo.

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