Scuole aperte fino a fine giugno?

La notizia che le scuole, per molti Comuni italiani, chiuderanno a fine maggio per consentire lo svolgimento delle elezioni amministratiche che, lo ricordiamo, si terranno il 5 giugno, ha scosso la rete.
Le famiglie emiliane si sono mosse con una petizione indirizzata al Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini e all’Ufficio Scolastico dell’Emilia Romagna per prolungare l’apertura fino al 30 giugno, raggiungendo in pochissimi giorni ben 3000 firme.
La perplessità è la stessa per tutti: ma con una chiusura così anticipata, come gestire i bambini in un’estate che, per chi lavora, sembra non finire mai?
E’ un tema caldo che necessiterebbe, in generale, un approfondimento e non solo in relazione al 2016 (quando, appunto, il ponte del 2 giugno è andato ad accavvallars con le elezioni).

Le scuole italiane, di fatto, prevedono un periodo di chiusira estivo di quasi tre mesi.
Considerato che per chi lavora le ferie aziendali non superano, in generale, le tre settimane, la gestione delle giornate dei piccoli rimane un onore a carico delle famiglie, laddove i centri estivi comunali non riescono, nel modo più assoluto, a rispondere alla domanda e i centri estivi privati hanno spesso costi inaccesibili o che comportano un grosso onere per mamme e papà già subissati da spese di tutti i tipi.

Cosa accade in Europa?
Pubblichiamo qui un grafico illustrativo elaborato da Eurydice relativo all’anno scolastico 2013-2014 e che ben illustra quanti sono i giorni di chiusura scolastica, distributi su tutto l’anno, nnegli altri Paesi dell’Unione.

Come si evince, il problema italiano non è tanto riferito al numero di giorni di chiusura, ma al modo in cui questi vengono concentrati in un’intera stagione, quella estiva, creando grossi difficoltà di gestione del tempo libero dei bambini.

Da più parti arriva forte la richiesta di prolungare il calendario scolastico estivo, per lo meno, fino alla fine di giugno. Introducendo nuovi periodo di chiusura durante l’anno e interrompendo secondo un calendario diverso lo svolgimento delle lezioni.

L’idea non è malsana e tiene anche conto della difficoltà dei bimbi, dopo tre mesi di assenza da scuola, di riadattarsi ai ritmi e alla mole di lavoro che la scuola impone.
Sull’argomento gli insegnanti nicchiano quando non sono del tutto sfavorevoli.
Esistono difficoltà oggettive che vanno sottolineate.

  1. La maggior parte delle strutture scolastiche italiane non sono attrezzate per accogliere i bambini nei mesi caldi (banalmente, impianti di condizionamento che non rendano un incubo lo svolgimento delle lezioni)
  2. Molti insegnanti sono impegnati, nel mese di giugno, nello svolgimento di consigli di classe, scuola ed esami, rendendo difficile la calendarizzazione delle lezioni stesse.

Come procedere, dunque?
ll problema non è semplice e banale. Ciascuno ha le proprie ragioni per dire no.
Vero è che una chiusura di tre mesi rappresenta un problema reale per tutti quei genitori che lavorano e che nel periodo estivo possono contare, al limite, su un periodo di ferie non superiore alle tre settimane, spesso concentrate nel mese di agosto.

Alcuni genitori optano per vacanze separate. In modo da coprire, con sei settimane, una parte delle vacanze estive dei figli. Rimangono, comunque, fuori, in media, sette settimane.
Chi ha i nonni si appoggia al loro supporto. Se possibile spendendo al mare o in montagna i pargoli.
Chi i nonni non ce li ha e ha la possibilità di sborsare ingenti somme di denaro, si rivolge alle strutture private che offrono soluzioni di campus residenziali e centri estivi cittadini a fronte del pagamento di una quota generalmente non troppo abbordabile (e nelle altre settimane, comunque, che si fa?).
Chi non ha né nonni né soldi spera che la sua domanda per la frequentazione dei centri estivi comunali venga accolta. Ma gli esclusi ogni anno sono numerosi.

L’offerta formativa dei centri estivi, poi, non è sempre di livello, anche a fronte del versamento di consistenti quote di denaro.
Non è facile muoversi e agire in un contesto simile.
Ed ecco spiegate le ragioni delle petizioni e delle sempre più insistenti richieste di prolungare l’orario scolastico, per lo meno, fino alla fine di giugno. Come d’altra parte avviene nelle Scuole di Infanzia e nei nidi.

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