Spina bifida: prevenzione ed esami

La spina bifida, che colpisce un neonato su 8000, è una malformazione congenita dovuta alla chiusura incompleta di una o più vertebre con conseguente malformazione, più o meno grave, del midollo spinale. Generalmente, infatti, la colonna vertebrale “si chiude” intorno al 28° giorno di vita dell’embrione (intorno alla sesta/settima settimana di gravidanza). Se ciò non dovesse verificarsi, a seconda del numero di vertebre coinvolte e dell’estensione dell’area interessata, il neonato va incontro a una serie di problemi più o meno gravi che, in qualche modo, condizioneranno tutta la sua vita futura.
Sebbene, quindi, si tratti di una patologia piuttosto rara, è bene fare di tutto, in termini di prevenzione, per evitare che si verifichi, guidando la futura mamma verso scelte consapevoli e mirate ad evitare del tutto il problema.

SPINA BIFIDA: CAUSE

Responsabili della spina bifida una serie di fattori, sia endogeni (genetici) che esogeni (ambientali) che, insieme, ne determinano la formazione.
Tra i fattori endogeni, la presenza in famiglia di casi, più o meno vicini, di persone affette dalla medesima patologia (il 5% dei bambini colpiti da spina bifida ha, infatti, un parente prossimo che soffre o ha sofferto del medesimo problema).
Tra i fattori esogeni, ipertermia, iperglicemia e obesità materna. L’assunzione, da parte della madre, di alcuni farmaci (per esempio, antiepilettici, diuretici, antistaminici e sulfonamidi). Alcune condizioni prettamente ambientali (la disinfezione con cloro dell’acqua potabile, la presenza di campi elettromagnetici, la frequentazione di saune o bagni turchi…).
Naturalmente, nulla di tutto ciò è necessariamente causa di spina bifida. Ma potrebbe, laddove esiste già un’eventuale predisposizione, peggiorare la situazione.

SPINA BIFIDA: COME SI PREVIENE

Il ruolo fondamentale dell’assunzione preventiva di acido folico, una vitamina del gruppo B, per la prevenzione della spina bifida è, ormai, accertata e accettata in modo universale.
Non a caso, per le donne che hanno in programma una gravidanza, se ne consiglia l’assunzione già in fase di preconcepimento. E, comunque, senz’altro dal momento della scoperta della gravidanza fino, almeno, alla fine del terzo mese di gestazione.

LA DIAGNOSI PREVENTIVA

La spina bifida viene oggi diagnosticata durante la gravidanza, senza ricorrere a esami invasivi quali, per esempio, l’amniocentesi, attraverso l’ecografia. Con l’impiego di ultrasuoni, infatti, che valutano la densità dei tessuti attraversati, è possibile effettuare misurazioni della taglia e della forma del cranio del feto, come la presenza di malformazioni delle spine o un rigonfiamento posto dietro la colonna vertebrale. L’esame, che per essere affidabile dovrebbe essere effettuato dopo la decima settimana di gravidanza, viene spesso associato a un prelievo di sangue, che si effettua tra la sedicesima e la diciassettesima settimana di gravidanza e che valuta l’indice di rischio di malformazioni del tubo neurale.
Si tratta dell’alfaproteina (AFP), una delle poche proteine plasmatiche fetali. Studiandone le concentrazioni nel liquido amniotico e nel sangue materno, si è scoperta una correlazione positiva tra elevati livelli di AFP e alcune patologie malformative, riguardanti, soprattutto, difetti del tubo neurale come l’anencefalia (che di solito porta alla morte del feto) e la mancata chiusura dello stesso (la spina bifida, appunto). Inoltre, un’elevata concentrazione di questa proteina nel sangue della futura madre può anche essere segnale di un distacco della placenta.
Al contrario, livelli molto bassi sono spesso associati al rischio che il feto sia affetto da Sindrome di Down.
Generalmente, questo è un esame che viene inserito nel cosiddetto Tri-test.

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