Tata Lucia. Colpevole o innocente?

Da beniamina della televisione a esempio di modello da non seguire. Così Lucia Rizzi, più nota come Tata Lucia, accusata dai suoi detrattori di aver lasciato piangere per diversi minuti, davanti alla telecamera, un bimbo di poco più di un anno mettendo in atto quello che, in gergo, viene definito l’estinzione graduale del pianto, meglio conosciuto come metodo Estvill.
L’episodio fa riferimento a una puntata andata in onda il 14 settembre su LA 7 nel corso della quale si vede un bimbo di 12 mesi lasciato piangere solo nel suo lettino, chiuso in camera, allo scopo di insegnargli a dormire. Il bambino aggrappato alle sbarre del letto, grida, sudato, disperato, terrorizzato, con la telecamera puntata su di lui per vari minuti. La telecamera, quindi, passa a inquadrare la mamma, seduta in cucina con Tata Lucia che le impedisce di alzarsi per andare a consolarlo. Passano diversi minuti prima che Tata Lucia consigli alla mamma di andare dal bambino, ma solo per qualche attimo. La mamma esce, il bimbo ricomincia a piangere. Un pianto straziante. Fino allo sfinimento. Quando il piccolo crolla, stanchissimo, nel sonno.
L’educazione al sonno basata sull’estinzione graduale del pianto, metodo che trova il suo principale estimatore in Estevill, autore del famosissimo Fate la nanna, non è piaciuta all’Associazione Culturale Pediatri che deciso di scrivere al garante per la protezione infanzia e adolescenza Vincenzo Spadafora affinché intervenga prendendo posizione contro metodi educativi, per di più fatti passare come modelli di riferimento in televisione, che provocano sofferenza, disagio e stress nel minore.
La lettera, poi, va oltre. Soffermandosi sul ruolo svolto dai bambini all’interno di certi programmi televisivi, ruolo che violerebbe la Carta di Treviso, un protocollo firmato il 5 ottobre 1990 dall’Ordine dei giornalisti, dalla Federazione nazionale della stampa italiana e da Telefono azzurro con l’intento di disciplinare i rapporti tra informazione e infanzia.
Nella lettera si chiede, in pratica, che il garante intervenga immediatamente regolamentando, innanzitutto, l’utilizzo di metodi educativi che possano sembrare non in linea con la ricerca del benessere del bambino. In secondo luogo, stabilendo delle regole chiare per ciò che concerne l’uso dei bimbi nei media, laddove questi vengono sottoposti a situazioni stressanti, angoscianti o umilianti.

Non si è fatta attendere la risposta di Tata Lucia che ci ha tenuto a precisare in una video intervista rilasciata a Corriere TV che non solo il bambino non era nelle condizioni psicologiche descritte nella lettera al garante (testualmente: Il bimbo aggrappato alle sbarre del letto gridava, sudato, disperato, terrorizzato, con la telecamera puntata su di lui per vari minuti), ma anche che quello dell’allenamento al sonno è uno dei doveri educativi di chiunque si occupi di bambini, tenendo presente l’età, le condizioni e le situazioni in cui il piccolo si trova a vivere.

Il dibattito si è, poi, scatenato sulla rete, tra sostenitori della tata (e del metodo da lei utilizzato) e detrattori (in prima linea i sostenitori dell’allattamento a richiesta e le associazioni che promuovono il co-sleeping).

NOTA A MARGINE
Mentre pubblicavamo l’articolo, è arrivata anche la risposta del garante, Vincenzo Spadafora, il quale ha imposto ai responsabili de LA 7 e della casa di produzione del programma Magnolia una supervisione preventiva ai fini di tutelare ulteriormente i minori che appaiono in video nella trasmissione. Così come previsto dalla Carta di Treviso da loro stessi firmata.

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