Tuo figlio ha smesso di piangere e fare i capricci? Attenzione a non cadere in questa trappola educativa
Quando i capricci sembrano sparire, tutto appare più semplice. Ma dietro questo cambiamento può nascondersi un errore educativo.
Quando un bambino smette improvvisamente di piangere, urlare o protestare, la sensazione è spesso di sollievo. La casa torna tranquilla, i conflitti sembrano risolti e tutto appare finalmente sotto controllo. Ma questo cambiamento, che a prima vista sembra positivo, non sempre è il segnale di una crescita emotiva. In alcuni casi, può indicare che il bambino ha imparato a tacere, non a gestire ciò che prova. Secondo diversi esperti di psicologia dell’età evolutiva, è proprio in questo momento che molti genitori rischiano di commettere un errore educativo tanto comune quanto invisibile.
I capricci fanno parte dello sviluppo emotivo dei bambini. Pianti, urla e crisi di rabbia sono spesso l’unico modo che hanno per esprimere frustrazione, gelosia o disagio. Quando queste manifestazioni vengono interrotte bruscamente ad esempio con una punizione o un allontanamento, il comportamento può cessare, ma l’emozione resta.
La psicologa Caroline Fleck sottolinea che mandare un bambino in camera dopo un capriccio non è necessariamente sbagliato, ma diventa un intervento incompleto se tutto finisce lì. Il rischio è che il bambino impari una sola lezione: le emozioni forti non si esprimono, si reprimono.
Lo schema si ripete in molte famiglie: il bambino esplode, il genitore interviene con fermezza, la crisi si placa e la giornata va avanti come se nulla fosse successo. A distanza di ore, quando la calma è tornata, non si affronta più l’accaduto. Ed è proprio qui che si crea il problema. Senza un confronto successivo, i bambini non sviluppano le competenze necessarie per riconoscere, nominare ed elaborare ciò che hanno provato. Non ricevono messaggi di validazione emotiva, ma solo l’idea che “fare scena” sia sbagliato, mentre il silenzio viene premiato.

Secondo Fleck, il momento più educativo non è durante il capriccio, ma dopo. Una volta che gli animi si sono calmati, è essenziale creare uno spazio di dialogo. Sedersi insieme e permettere a ogni membro della famiglia di raccontare la propria versione dei fatti aiuta i bambini a comprendere il legame tra emozioni e comportamenti. È importante che siano i bambini a iniziare il racconto, senza che l’adulto suggerisca cosa avrebbero provato. Solo così imparano a riconoscere le proprie sensazioni e a dar loro un nome.
Un altro passaggio chiave è la condivisione delle emozioni degli adulti. Frasi come “Mi sono spaventato quando urlavi” o “Mi sono sentito confuso” aiutano i bambini a sviluppare empatia e a capire che anche i genitori provano emozioni complesse. Questo scambio non serve a colpevolizzare, ma a costruire comprensione reciproca. Fare domande aperte e invitare i bambini a mettersi nei panni dell’altro rafforza le loro competenze emotive.
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