Ehi Google! Grazie - Età prescolare - Bambinopoli







Ehi Google! Grazie

Sempre più numerosi i bambini che interagiscono nella quotidianità con i risponditori vocali. Difficile per molti di loro distinguere il tono autoritario con il quale si rivolgono a questi dispositivi con quello con il quale dovrebbero rivolgersi agli esseri umani. Ecco perché negli Stati Uniti...

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Ehi Google! Grazie




Chiedono loro di raccontare barzellette o la fiaba delle buonanotte, di accendere e spegnere la luce, di riprodurre un brano musicale. Li interrogano quando hanno bisogno di risposte per i compiti. Si rivolgono loro per conoscere informazioni in merito al risultato di una partita di calcio, dell'attore preferito, del cantante del cuore. 
I bambini, anche molto piccoli, che quotidianamente interagiscono con i risponditori vocali sono sempre più numerosi.


In Italia l'abitudine è relativamente recente, ma in Paesi come gli Stati Uniti dispositivi quali Alexa o Google Home sono parte dell'arredamento domestico ormai da diversi anni e molti bimbi sono nati dopo il loro ingresso in casa.

Si discute tanto, e spesso in modo catastrofico, del rapporto tra le nuove generazioni e la tecnologia. Le problematiche sono molteplici e tutte in cerca di soluzione. Rispetto ai risponditori vocali il dubbio che sta attanagliando ora gli esperti, non tanto in Italia quanto all'estero, è come educare i piccoli a essere educati e rispettosi anche nei confronti di questi scatolotti che trovano posto sulle nostre mensole, comodini, librerie.
Naturalmente non è necessario essere davvero educati con un software. 
Gli si chiede l'informazione. Si ottiene (o non si ottiene) risposta. E l'interazione dovrebbe finire lì.
In realtà, non è così.

Osservate questa frase:
Ehi Google? Accendi la luce della camera da letto!
Google, da bravo programma costruito per servire, accende la luce. Non pretende che lo si ringrazi. Non richiede nessuna forma di cortesia. Esegue un ordine. Nel migliore dei modi.

Immaginatevi ora che un bambino di 5/6 anni si rivolga nello stesso modo alla mamma, al papà, ai fratelli.
Ehi mamma! Accendi la luce della camera da letto!
Come minimo la mamma gli farebbe notare che dalla frase manca un 'per favore', un 'grazie'.
D'altra parte, un bimbo, soprattutto se molto piccolo, abituato a rivolgersi in questo modo per ottenere ciò di cui ha bisogno, potrebbe far fatica a distinguere i due piani. Ed è esattamente quello che sta accadendo in Paesi in cui queste forme tecnologiche sono una realtà da tempo.
I bambini faticano a capire come ci si rivolga a un essere umano e come a una macchina.

Da qui l'esigenza di educare i piccoli a utilizzare un linguaggio gentile e rispettoso anche verso le macchine.
Da qui la necessità di rivedere il linguaggio uomo-macchina dotando l'intelligenza artificiale di una sorta di 'sensibilità' (Google Home, per esempio, sembra mostrare una forma di contentezza quando lo si ringrazia o gli si rivolge in modo gentile)

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