Pornografia digitale: scegli gli hashtag giusti
Attuale e sempre più dibattuto il tema della pubblicazione delle foto dei propri figli in rete. Oltre al discorso sulla violazione della privacy, infatti, rimane il problema della pedopornografia digitale. Ecco quali sono gli hashtag più ricercati e da non usare per taggare le immagini dei bambini.

di Alessia Altavilla La chiamano 'Sharenting' l'ossessione da parte di parecchi genitori di confividere le foto dei loro figli sui social.
È un fenomeno diffuso, trasversale all'età el ceto sociale e interculturale. I bambini di oggi subiscono una 'sovraesposizione mediatica' impensabile fino a qualche decennio fa.
Secondo i dati, infatti, i genitori pubblicano una media di 1500 foto del loro bambino prima ancora che abbia compiuto 5 anni; circa il 90% dei bimbi sotto ai 2 anni ha una presenza costante sul web. DI questi bimbi circa il 50% finisce su siti pedopornografici e diventa materiale di scambio tra depravati.
A questo proposito, da anni, l'associazione Child Rescue Coalition che lavora, in collaborazione con le forze dell'ordine, per salvare i bambini vittime di abusi e maltrattamenti sessuali (i numeri sono impressionanti. Solo negli Stati Uniti, ogni anno, circa 300.000 bambini subiscono violenza sessuale e abusi), ha lanciato una campagna con lo scopo di educare i genitori ed evitare che sovraespongano i propri figli sui social facendoli diventare, senza volerlo, facili prede di trasgressori sessuali.
Il problema, in realtà, non riguarda soltanto la facilità con cui le foto dei piccoli in rete possano essere salvate, modificate e utilizzate per scopi sbagliati.
La questione ha più a che fare con la violazione reiterata della privacy di migliaia di bambini che cresceranno sapendo che sul web è presente moltissimo della loro vita privata.
Naturalmente, nulla vieta di poter e voler condividere la foto in vacanza del proprio figli. Una ogni tanto. Magari ripresa da lontano.
Il punto sono i ritratti dei bambini (bimbi che dormono, seduti sul vasetto, intenti a lavarsi o farsi il bagno...).
A rendere ancora tutto più semplice per i malentenzionati intervengono, poi, gli hashtag, findamentali per i genitori per ottenere quanti più like possibile sui social, ma utili anche per i pedofili per rintracciare più facilmente le foto desiderate.
Tra quelli più ricercati (e usati per condividere le foto dei bambini):
#BathTime, #ToiletTraining, #PottyTraining, #PottyTrainingSucks, #NakedKids, #LovesBeingNude, #BathTimeFunTime, #SkinBath, #ToddlerBikini, #BabyPeeing, #CantKeepClothesOnHim, #NakedChild...
La campagna punta proprio a educare gli adulti mostrando loro non solo i pericoli, ma anche gli aspetti legati alla sfera psicoogica della crescita del bambino. Prima di pubblicare qualsiasi cosa riguardi i bimbi, bisognerebbe porsi delle domande:
Per chi sto condividendo questa foto? Cosa penserà mio figlio quando si vedrà ritratto in questa posa da grande? A me piacerebbe se qualcuno condividesse una mia foto nello stesso contesto? Voglio davvero esporre mio figlio al rischio di diventare preda di depravati sessuali?
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Commento inserito da Sonia il 16 maggio 2018 alle ore 22:50
Quanti pensano realmente a tutelare i propri figli?Tutti presi a far vedere e ricevere like, pochi attenti a proteggere ed educare veramente.