Bambini… neutri
In Svezia esiste un asilo dove non ci sono bambini e bambine. Dove il rosa e l’azzurro sono banditi. Dove non vengono usati i pronomi 'lui' e 'lei', ma un generico neutro. Perché i bimbi capiscano da subito che maschi e femmine sono uguali.
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di Alessia Altavilla In Svezia c’è un asilo frequentato da bambini senza genere sessuale, bambini neutri, che non conoscono la differenza tra maschietti e femminucce e si chiamano tra di loro utilizzando un generico pronome neutro, quasi fossero cose o oggetti inanimati.
Uguaglianza sessuale non significa annullamento dei sessi. Maschi e femmine nascono con attributi diversi e il bisogno di appartenere all’uno o all’altro sesso, indipendentemente da quelle che saranno poi le tendenze sessuali di questi bambini neutri, non può essere indotto attraverso la legge.
In Svezia c’è un asilo che punta al superamento, sin dalla prima infanzia, delle differenze legate al sesso, per raggiungere la vera parità sessuale attraverso un progetto pedagogico che, per il momento, rimane qui un esperimento.
L’idea, infatti, è proprio quella di togliere di mezzo qualsiasi pregiudizio maschile o femminile (rosa-bambina / azzurro – bambino; bambole – bimba / macchinina – bimbo; dolcezza – femminuccia / granta, coraggio - maschietto…) in modo da poter formare individui capaci di giudicare il mondo a mente libera, senza condizionamenti sociali.
I bambini si chiamano tra di loro con un generico friend, termine inglese che vale sia per il maschile che per il femminile, oppure utilizzano il pronome neutro hen.
Così, da questo asilo molto speciale, 33 posti in tutto e solo una defezione nel corso dell’ultimo anno, sono stati banditi i grembiuli divisi per colore a seconda del sesso di chi li indossa, i giocattoli per le femminucce e quelli per i maschietti, mentre vige il divieto assoluto per gli insegnanti di rivolgersi ai bimbi utilizzando i pronomi lui o lei.
Un asilo unisex, che punta a formare una generazione più consapevole e aperta nei confronti delle minoranze e delle ingiustizie, priva di condizionamenti sociali e pronta a rimettersi totalmente in discussione.
Eppure… Eppure alcuni avanzano qualche dubbio in merito al progetto pedagogico e in tanti sono divisi sul senso di questa iniziativa.
DUBBI LEGITTIMI
Ciascun bambino ha il diritto di poter manifestare come meglio crede il proprio io. La sua decisione va, poi, rispettata, sia in famiglia che in ambito sociale.
Tutti d’accordo, quindi, a non vietare a un maschietto di giocare con le bambole o a una femminuccia di organizzare una sfida di macchinine. Ma perché impedire a una bimba di parlare di se stessa come di una lei e a un bimbo di tirare fuori la sua natura più maschile?
Un simile condizionamento sociale non è, alla fine, ben più pesante e invadente di quello che finora ha retto le differenze tra i sessi?
Libertà di espressione e uguaglianza non vogliono dire negazione. La parità sessuale non si raggiunge attraverso l’annullamento dei sessi.
Inoltre, cosa si potrà mai rispondere a un bimbo/a che a un certo punto domanda come mai gli organi sessuali propri sono diversi da quelli dell’amichetto/a, fratello/sorella?
L’asilo nido svedese, che guarda caso si chiama Egalia, per il momento rimane un caso a sé sebbene non proprio un episodio isolato.
Ma è questo il futuro verso cui vogliamo andare?
Una società che si oppone alla natura per correggere le devianze che la società stessa ha prodotto?.
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