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Così calmo il mio bambino

È questo il titolo di un libro di recente pubblicazioni, scritto da Christine Rankl, che spiega come riconoscere il pianto del neonato intervenendo nel modo corretto a seconda delle situazioni.

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Così calmo il mio bambino



Christine Rankl, madre di due figli, psicologa e psicoterapeuta, è la co-fondatrice del reparto di psicosomatica neonatale presso il Wilhelminenspital di Vienna che, tra le varie cose, aiuta i neo-genitori ad affrontare al meglio le crisi di pianto dei loro bimbi.
Nasce così, dalla sua esperienza sul campo, il libro Così calmo il mio bambino, edito da Feltrinelli per il marchio Urra e in vendita al prezzo di 14€. Si tratta di un testo rivolto alle neo-mamme e ai neo-papà che spiega, con chiarezza e competenza, da cosa originano le crisi di pianto dei bambini e fornisce indicazioni sui modi attraverso cui i genitori possono calmarle.
GLI ASPETTI DEL PROBLEMA

Nella valutazione delle crisi di pianto del neonato è fondamentale, spiega Christine Rankl, tenere presenti i numerosi aspetti che lo riguardano. Non è, quindi, solo importante comprenderne la causa. Piuttosto, è necessario valutare la situazione nel suo complesso (fase della giornata, età del neonato, numero di attività…).


Non c’è, perciò, un metodo giusto che valga sempre e che valga per tutti, ma ciascun genitore deve imparare, con l’esperienza, a trovare il suo proprio metodo da utilizzare nelle diverse situazioni in modo mirato. Solo così i tentativi di tranquillizzare il piccolo possono andar a buon fine.
I NEONATI PIANGONO!

I neonati piangono. Mamma e papà devono farsene una ragione. Generalmente, il pianto ha una durata media di 30 minuti, distribuiti nell’arco dell’intera giornata, spesso per fame o stanchezza. Secondo la regola del 3 della pediatra Mechthild Papoušek il pianto del neonato è da considerarsi un problema serio se supera le tre ore (ripartite in 24 ore) per tre giorni alla settimana. In caso contrario, si tratta semplicemente di una normale attività del bambino nei primi mesi di vita.


Per i neogenitori, però, il pianto, anche di breve durata, del proprio figlio rappresenta uno stress che provoca aumento della pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e del rilascio cortisonico. Mamma e papà entrano in ansia e attivano uno stato di allarme controproducente per risolvere la situazione.
Al contempo, anche per il bebè, il pianto rappresenta una situazione di stress che, se prolungato, gli impedisce di rilassarsi anche durante la poppata o la nanna.
Ecco perché è importante che mamma e papà imparino a gestire questi momenti, tranquillizzando il piccolo e rasserenandolo all’occorrenza.
I METODI CONTRO IL PIANTO

Sin dai primissimi giorni in ospedale al ritorno a casa, i neogenitori sono bersagliati da centinaia di informazioni relative al modo in cui devono comportarsi nei confronti del bebè.
Queste riguardano la nanna, la pappa, le coliche, l’allattamento, le uscite… E naturalmente, il pianto.
La maggior parte dei consigli elargiti sono corretti, per quanto possano sembrare in contraddizione tra loro. Quello che è sbagliato, secondo Christine Rankl, sono i momento in cui tali consigli vengono messi in atto (dice Christine: funziona un po’ come la parabola buddista dell’elefante e dei tre cerchi. Ognuno tocca una parte del corpo di quell’animale immenso e pretende di sapere cosa sia un elefante…).
Così calmo il mio bambino cerca, quindi, di dare una visione globale del problema, fornendo una spiegazione fondamentale dei segnali che il bambino lancia, in modo da dare a mamma e papà una base solida da cui partire per intervenire, distinguendo con precisione cosa può essere d’aiuto e quando.
Nella seconda parte del libro, vengono proposti consigli concreti per età e per i vari aspetti della vita del bimbo senza per questo pretendere di trasformare il bebè e la sua famiglia in automi pronti a rispondere a comando come robot programmati.

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