La scuola per l'infanzia sofferente - Età prescolare - Bambinopoli







La scuola per l'infanzia sofferente

La scuola può essere un ottimo punto di osservazione e aiuto per i bimbi che in casa subiscono o hanno subito violenza (anche psicologica).

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L'infanzia sofferta e l' infanzia sofferente si qualificano, attualmente, come due ampi campi di studio psico-pedagogico e sociale di serio interesse: dall'analisi sociologica intorno all'abuso si rileva, infatti, che i soggetti più soccombenti sono oggi proprio i bambini ai quali, si aggiunge l'esistenza di un bambino 'potenzialmente' meno tutelato di altri, e dunque più a rischio: il bambino con un'età compresa tra gli 0 e i 5 anni.
La mancanza dell'obbligo scolastico dei piccoli di età inferiore ai 5 anni e mezzo, poi, rappresenta un dato significativo ai fini della diagnosi e della prevenzione di abuso sui minori. Non esistono, in altri termini, specifici progetti educativi aventi per destinatari bimbi dagli 0 ai 5 anni. Ciò si traduce nel fatto che situazioni che potrebbero essere prevedibili e prevenibili diventano, di fatto, conosciute solo all'ingresso della scuola primaria a circa 6 anni.

Questo dato è basilare per la profilassi e il recupero di situazioni a rischio a quell'età: sanno bene gli operatori psicopedagogici, infatti, quanto diventa sempre più difficile operare su personalità cresciute in un mondo psicologico, affettivo e relazionale inadeguato, e quanto la diagnosi precoce favorisca il decondizionamento.


Le conoscenze affettive disfunzionali con cui un bambino cresce, in una situazione di violenza e abuso vissuti, lo rendono estremamente diffidente di fronte a realtà tanto diverse da quelle che esprime emotivamente: un ambiente sereno e accogliente come quello degli angoli di gioco della scuola materna è qualcosa di piacevole, che fa meraviglia, ma che tuttavia il bimbo vive con paura, perché teme gli sia tolto da un momento all'altro, proprio come quella serenità che non vive interiormente.

Questo riferimento, non casuale, ha lo scopo di sottolineare quanto sia importante la scuola, come istituzione, nella rilevazione di tali situazioni, nelle diagnosi precoci e nell'attivazione di recupero di situazioni patologiche.


Inoltre, permette di mediare situazioni psicoaffettive spesso non chiare ai familiari del piccolo abusato: indicatori come enuresi frequente, autoaggressività, isolamento e mutismo elettivo, negazione della propria identità sessuale e disprezzo della propria immagine, rifiuto del cibo o voracità alimentare, pianti lunghi e apparentemente ingiustificati, paura selettiva di persone, bullismo, uso stereotipato di oggetti, e molti altri sintomi ancora, sono espressione di disagi che la scuola può osservare con sistematicità e competenze.

Per prevenire situazioni di abuso definito nella sua più ampia visione (dall'incuria all'abbandono psicologico e affettivo, dallo sfruttamento all'aggressività verbale, fino alla più grave violenza sessuale) la scuola (già quella dell'infanzia) può attivare percorsi ludici finalizzati a un'adeguata informazione, a misura di bambino.
La mediazione del gioco si qualifica come il promotore essenziale: la fiaba, per esempio, aiuta a canalizzare nei bambini la comunicazione di disagi vissuti direttamente o indirettamente. Le favole più note (con la presenza di lupi e orchi) possono simbolizzare contenuti altrimenti non detti .
Pertanto, la realizzazione a scuola di un laboratorio drammatico teatrale, dove raccontare fiabe, inventarne e metterle in scena, diventa per i bambini tutti e, in modo peculiare, per quelli che vivono esperienze di disagio psicologico e affettivo, un luogo terapeutico di comunicazione della richiesta di aiuto.

 

Un esempio interessante può essere un progetto di educazione al sé e alla sessualità, finalizzato all'espressione del disagio e alla prevenzione.
Attivare un corso ludico sull'educazione sessuale, intesa come conoscenza del proprio Sé corporeo (3-6 anni) e della propria identità (4-6 anni) rappresenta, ancora, l'approccio attraverso cui:
 

  • favorire il superamento delle inibizioni 'tradizionali' verso la scoperta del sè;
  • sviluppare l'identità corporea e sessuale;
  • valorizzare l'autostima;
  • promuovere e riconoscere l'espressione di emozioni attraverso i segnali del corpo.
    Le attività per un tale lavoro svolte in piccoli e grandi gruppi possono essere caratterizzate da giochi allo specchio, giochi di coppie, giochi di ruoli, giochi di imitazioni, giochi di 'tensione/rilassamento', visione di cartoni a tema.

     

    Sono esempi metodologici che attirano l'attenzione e la curiosità del bambino e si qualificano per essere strumenti attraverso i quali il docente, in sinergia operativa con il pedagogista e lo psicologo, può dare una chiara informazione.
    La programmazione delle attività da proporre ai piccoli, la definizione dei tempi e la gestione degli spazi sono la struttura su cui sviluppare un lavoro di intenzionalità educativa, che miri da una parte a rilevare situazioni di disagio familiare (indigenza, precarietà, separazione, maltrattamento, disinteresse); dall'altra, a osservare nei bimbi eventuali presenze di comportamenti inadeguati nella relazione interpersonale, nei giochi di regole, nel gioco di ruoli.

    Essa va realizzata con la collaborazione attiva delle famiglie, a volte ignare dei motivi che spingono i bambini a comportamenti e a relazioni atipiche: un corso di informazione rivolto ai genitori inteso come spazio di 'messa in gioco' del rapporto adulto/bambino aiuta, infatti, a esprimere eventuali disagi nei ruoli genitoriali, spesso troppo legati ai propri ruoli vissuti nell'infanzia, sensi di inadeguatezza e sensi di colpa nell'educazione dei figli, situazioni di serio disagio che, segnalate, promuovono l'attivazione di risoluzione a carico degli organi competenti.

    Se volete scrivere alla dottoressa Maria Rita Esposito, porle domande, dubbi e quesiti, potete farlo scrivendo a mresposito@bambinopoli.it.


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  • Commento inserito da miriammar_2003@yahoo.it il 22 novembre 2010 alle ore 17:51

    il mio bimbo in una scuola di mi in via giacosa ha subito un atto di violenza da un compagno dopo esser stata accecato con sabbia durante l orario scol.le maestre negano l evidenzia,anzil altro ieri e' tornato con pantaloni rotti,lui dice che nell intervallo con amici e' salito su un albero ede' rimastoimpigliato.or il bimbo rifiuta l asilo perche le maestre lo pressano dicendo che non deve parlare,che fare? assunta califano

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