Il bullismo
Fenomeno in esapnsione soprattutto tra adolescenti e preadolescenti. Ce ne parla la dottoressa Maria Rita Esposito.
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Il termine 'bullismo' viene utilizzato per designare i comportamenti con i quali un singolo o un gruppo, ripetutamente, fa o dice cose per avere potere o dominare una persona o un altro gruppo.
Il fenomeno del bullismo può essere definito come un'azione che mira deliberatamente a fare del male o a danneggiare: alcune azioni offensive possono essere perpetrate attraverso l'uso della minaccia o dell'ingiuria, altre possono qualificarsi per la forza fisica (per esempio, picchiare o spingere), altre ancora possono essere caratterizzate dall'umiliazione o dal beffeggiare. In tutti questi casi la relazione è asimmetrica: il bullo agisce sui più deboli.
Spesso, sempre più spesso, si sente parlare di bullismo, soprattutto tra i preadolescenti e gli adolescenti in particolare in ambiente scolastico.
Il problema a volte viene sottovalutato confondendolo con un normale e passeggero conflitto fra coetanei. Il bullismo, invecem presenta indicatori di rilevanza sociale importantissimi.
A scuola, per esempio, si può parlare di 'bullismo' quando si presentano situazioni di
- intenzione a fare del male
- totale mancanza di compassione
- effettivo piacere nel disturbare, insultare, picchiare o danneggiare qualificata dalla frequenza ripetuta anche quando è evidente che l'altro (la 'vittima') stia molto male.
La differenza tra i ragazzi bulli e i ragazzi che 'si danno alle zuffe o alle risse' è evidente. Nel primo caso, infatti, l'atteggiamento ostile è perpetrato nel tempo e la quantità di prepotenze fa diminuire la stima di sé da parte della vittima.
Il ragazzo bullo ha maggior potere della vittima o per età, o per forza fisica, o per genere (per esempio maschio più forte della femmina) o perché altri si alleano con lui per proteggere se stessi.
La scuola può operare molto in queste situazioni ma a patto di non trovarsi a essere l'unica agenzia educativa (o rieducativa) di fronte al complesso problema del bullismo. Infatti, sono tutti gli adulti di riferimento di bambini e ragazzi che hanno la responsabilità di attivarsi, ognuno nel rispetto dei propri ruoli e compiti educativi.
Un progetto scuola/famiglia/territorio potrebbe porre le basi per:
- promuovere seminari finalizzati ad affrontare il problema con rilevazioni, discussioni e confronti;
- collaborare con alunni e genitori per rendere visibili le situazioni di prepotenza e per ricercare soluzioni ai conflitti comportamentali subordinati;
- pianificare esperienze simulate di ricerca di comportamenti di fermezza, comprensione e sostegno;
- ascoltare i ragazzi dando loro fiducia e valorizzandone l'autostima verso atteggiamenti pro sociali, ponendo adeguata attenzione ai cambiamenti di comportamento che possono indicare un disagio;
- favorire nei bambini, sin da piccoli, giochi di socializzazione con i coetanei, giochi di regole, giochi di ruoli.
Dall'altro lato, in modo sinergico, occorre operare per aiutare:
- i bambini e i ragazzi che subiscono prepotenze a raccontare ciò che sta accadendo o che è successo;
- 'gli spettatori' di atteggiamenti bulli a modificare la situazione chiedendo aiuto, in casa, a scuola o altrove, all'adulto di riferimento (genitore, docente, altri).
La famiglia e le istituzioni devono porsi in una dimensione di intervento e, soprattutto, di sviluppo di regole da conoscere, riconoscere e fare proprie.
Conoscere i comportamenti prepotenti e riconoscerne l'intensità, rilevare problematiche in specifici contesti elicitando situazioni nascoste, fermare episodi nel momento in cui vengono espressi, analizzare le cause, stimolare la cultura del 'raccontare' ciò che accade, in un clima di chiarezza, di non punizione e di non colpevolizzazione, possono essere una serie di obiettivi educativi per prevenire esperienze di bullismo.
In tal modo, con una modalità di interventi similari scuola - famiglia, è possibile favorire nel bambino un'educazione al fronteggiare e gestire la complessità e le difficoltà di alcune relazioni interpersonali evitando pertanto situazioni traumatiche, che possono significare assunzione di ruoli inadeguati in futuro.
Se volete scrivere alla dottoressa Maria Rita Esposito, porle domande, dubbi e quesiti, potete farlo scrivendo a mresposito@bambinopoli.it.
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