A scuola a 5 anni. Cosa valutare?

A scuola a 5 anni. È giusto? Quali sono i pro? Quali i contro? Come potrebbe influire una decisione di questo tipo sulla vita (scolastica e non) del bambino?
Le iscrizioni per l’anno scolastico 2015/2016, infatti, sono, come ogni anno, aperte anche per i bimbi che compiranno sei anni nel 2016 (limite massimo 30 aprile 2016) e che si troveranno a frequentare, quindi, a sei anni non ancora compiuti, con diversi mesi di differenza rispetto ai compagni.
Come comportarsi in questi casi? Quali sono le considerazioni da fare? I comportamenti e le abilità dei bimbi da prendere in considerazioni per non costringerli a un impegno che potrebbe non essere proporzionato alle reali capacità e attitudini?

CONSIDERAZIONI GENERALI: COSA CAMBIA REALMENTE NEL PASSAGGIO DALLA SCUOLA D’INFANZIA ALLA PRIMARIA?

  • La prima grande differenza tra la scuola d’infanzia e la scuola primaria consiste nell’atteggiamento che il bambino deve assumere in aula, rispetto alla attività svolte, nei confronti di insegnanti e compagni. La scuola di infanzia può essere in un certo senso paragonata a una sorta di palestra in cui i bambini vengono preparati per le gare vere e proprie. Se è vero, dunque, che un certo grado di attenzione, responsabilità, autonomia sono richiesti anche nei tre anni di materna, è vero che eventuali mancanze sono ammesse, tollerate e accettate.
    I bambini, quindi, vengono spinti verso una maggiore concentrazione rispetto ai lavori svolti, autonomia nello svolgimento degli stessi, capacità di rispettare regole e orari. Ma tutto questo è inserito all’interno di un contesto di gioco, in una dimensione ludica in cui, comunque, le esigenze e i bisogni del piccolo assumono, comunque, un ruolo centrale, spesso primario.
  • La scuola d’Infanzia permette al bambino di godere di molte ore di tempo libero nel doposcuola. Ore che possono essere impiegate per giocare, frequentare laboratori e corsi sportivi, annoiarsi, passare del tempo con mamma e papà…. È probabile, invece, che l’inizio della scuola voglia dire perdita o riduzione di questo tempo extra-scolastico che spesso deve essere impiegato per lo svolgimento dei compiti e lo studio.
  • Gli insegnanti perdono il ruolo di “mamme” e salgono in cattedra. Per quanto, quindi, possano cercare di essere comprensivi e accomodanti rispetto a eventuali esigenze o mancanze del bambino, il loro ruolo non è quello di sostituiti genitoriali, ma di educatori. Dolcezza, conforto, accoglimento potrebbero essere sostituiti con severità, regole, disciplina.

A SCUOLA A 5 ANNI: LE RAGIONI DEL NO

  • La vita non è una gara. E ogni bambino ha il diritto di non essere obbligato a bruciare le tappe. Un anno di gioco e libertà in più possono essere utili, per un bambino, per rafforzare la sua autostima, acquisire capacità in nuce ma non ancora espresse, trovare il modo di esprimere le proprie potenzialità. La scuola ha delle regole che vanno rispettate. Perché non dare al bimbo la possibilità di vivere ancora per un po’ sotto regole diverse?
  • Se si pensa a come cambiano i bambini di anno in anno ci si rende conto che un anno di differenza non poca cosa a cinque anni. Questo anche per quanto riguarda il grado di maturità emotiva e relazionale.
  • La scuola d’infanzia non è una perdita di tempo. È una tappa. E giocare è il lavoro quotidiano di un bambino. Un bambino che ha appreso bene i meccanismo del gioco, inteso nell’accezione più ampia, è un bambino che sarà in grado di apprendere rapidamente i meccanismi dello studio.
  • La capacità di concentrazione aumenta con l’età. Non importa quanto un bambino sia pronto dal punto di vista cognitivo ed emotivo. Maggiore è la sua età, maggiore è la capacità di rimanere concentrato su una specifica attività.

A SCUOLA A 5 ANNI: LE RAGIONI DEI SI

  • Per poter stare al passo con i tanti stimoli che costantemente i bambini di oggi ricevono, può essere utile anticipare i tempi in modo che i piccoli non si annoino in quello che fanno
  • Il bambino sarà sempre un anno avanti rispetto ai coetanei. Cosa che lo aiuterà da grande quando frequenterà l’università (ammesso che la frequenti) o cercherà lavoro. In un mercato competitivo come quello di oggi, anche un anno può fare la differenza.

QUALI BAMBINI POTREBBERO ESSERE PRONTI?

  • I bambini dei primi giorni di gennaio, che alla fine avrebbero pochi giorni o mesi di differenza rispetto ai più grandi nati nell’ultima parte dell’anno.
  • I bambini che a detta delle educatrici all’asilo si annoiano, non trovano (più) interesse nelle attività proposte, hanno atteggiamenti aggressivi perché non riescono in nessun modo a scaricare la rabbia nel sentirsi fuori posto, più avanti rispetto agli altri.
  • Hanno capacità da leader e tendono a sottomettere i coetanei.
  • Per qualche motivo (e su questo bisognerebbe aprire un dibattito) sanno già leggere, scrivere e fare di conto.

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