Alunni in pigiama
Partendo dal metodo adottato dal medico Patch Adams per donare benessere ai pazienti in ospedale, nasce l'idea della scuola in corsia. Ce ne parla la dottoressa Maria Rita Esposito.

Partendo dal metodo adottato dal medico Patch Adams per donare benessere ai pazienti in ospedale, nasce l'idea della scuola in corsia. Ce ne parla la dottoressa Maria Rita Esposito.
Hunter “Patch” Adams , medico statunitense, viene riconosciuto come l’ideatore di una terapia molto particolare, quella del sorriso altrimenti detta clownterapia .
Il suo progetto nacque negli anni ’80 per sostenere il superamento della rassegnazione alla terapia e l’orientamento verso cure sempre più “umanizzate” dei pazienti e dei piccoli pazienti, soprattutto per malattie di lunga degenza.
Patch fu il primo a valorizzare il termine di salute, non intendendolo come assenza di malattia, ma come un possibile stato di benessere della persona ammalata attraverso una situazione di positività e di buona accoglienza alle terapie e all’ospedalizzazione.
Hunter creò la terapia del sorriso, che metteva in relazione le terapie mediche e situazioni ansiogene legate al ricovero con le esperienze vicine, l’espressività, i “i ganci” con la natura, le arti, la curiosità, le passioni e le speranze dell’ammalato. Con Patch Adams si ebbe la costruzione del primo ospedale che potesse anche essere vissuto come un parco di divertimento, per il personale sanitario e per il paziente.
Da questa idea si mosse un movimento globale che seppure non possiamo pensare abbia orientato le nostre normative sulla “Scuola in ospedale“, tuttavia ne rappresentò gli albori.
In Europa (e quindi in Italia) la Carta europea dei diritti dei bambini degenti in ospedale fu adottata dalla Risoluzione del Parlamento Europeo del 13 maggio 1986 e nel nostro paese da un decennio la circolare del Ministro della Pubblica Istruzione, 7 agosto 1998, n. 353 ha per oggetto il “Servizio scolastico nelle strutture ospedaliere“.
Con la scuola in ospedale (si tratta di plessi di scuole statali distaccati in reparti pediatrici) il lavoro “di cura” di tipo educativo e formativo rivolto a bambini ospedalizzati è complesso, molto diverso dall’organizzazione della didattica a scuola. Innanzitutto ricevere collaborazione nelle attività proposte in uno spazio come quello ospedaliero, da un piccolo costretto a una media e lunga degenza, o condotto a interventi terapeutici che presuppongono sforzi prolungati e intensi e dolore fisico, non è semplice.
La scuola ospedaliera, attraverso la figura di docenti appositamente formati sulla conoscenza delle strategie metodologiche più adatte a riconoscere al piccolo paziente un ruolo attivo, opera favorendo una progettazione dove il gioco diventa “terapia del sorriso”. Il supporto emozionale dato dalla mediazione ludica (le attività pittoriche, i giochi di ruoli, la musica) si trasla, con la mediazione educativa di pedagogisti esperti, al bambino e anche al genitore assistente, promuovendo così un’offerta formativa mirata al benessere dell’”alunno in pigiama”.
Nella realtà del ricovero il piccolo paziente sperimenta le paure legate all’ospedalizzazione che possono essere superate con strategie metodologiche che gli permettano di manifestarle apertamente, per poi risolverle evitando che esse si acutizzano senza esito: orientare il minore verso l’esperienza didattica utilizzando il gioco come risorsa e come strumento privilegiato (anche per gli adolescenti) per raggiungere a medio termine lo stato di benessere psicofisico ci riporta a Patch e alla sua terapia del sorriso.
Il docente ospedaliero e l’educatore, con l’intera equipe che sinergicamente prende in carico l’ammalato, sviluppa una serie di intenzioni didattiche finalizzate a ristabilire nella coppia bambino/genitore uno status di salute psicologica, affettiva e fisica, in tutela del diritto alla salute e all’educazione: attività didattiche, a sfondo ludico, possono caratterizzarsi, in uno spazio del reparto appositamente strutturato con giochi virtuali attraverso le postazioni computer, con angoli morbidi finalizzati al training, con una libreria/biblioteca dove trovare il tempo dell’espressione e della comunicazione affettiva. Non può mancare l’”ospedale delle bambole” perchè giocare al dottore, al veterinario, operare le bambole, curare gli animali, inventare terapie per i pupazzi rappresenta un ricco laboratorio di comunicazione del disagio legato alla malattia e alla degenza in pediatria.
Nell’esperienza in pediatria, inoltre, la scuola ospedaliera svolge un importantissimo ruolo di trait d’union con le scuole di provenienza degli alunni ospedalizzati, fondamentale sul piano formativo soprattutto nelle situazioni in cui è prevista una lunga degenza: riprendere l’esperienza lasciata in sospeso e progettare momenti di incontri con il gruppo – classe attraverso “video lezioni” e contatti in chat con i compagni si esplicita come un gioco divertente che supporta gli apprendimenti del minore in ospedale, nonché come arricchimento dell’intero gruppo – classe in termini relazionali e di crescita emotiva.
Tutti questi aspetti che si correlano all’esperienza del bambino in ospedale e che non sono prettamente medici sono tuttavia altamente terapeutici, poiché orientano il piccolo in pigiama verso l’accettazione del sé ammalato che ne favoriscono un tempo di guarigione e di benessere proprio come quello che si può vedere nel film del 1998 “Pach Adams” prodotto dalla Universal Pictures che vide come interprete Robin Williams.
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