Disagi scolastici. Che fare?

Il rinnovamento che si vive nella scuola italiana in questi ultimi tempi richiede all’alunno e agli insegnanti un nuovo confronto sulle esperienze di gioco e sulla didattica.
Un aspetto molto vissuto dai genitori è quello della facilità e della difficoltà dei propri figli di vivere la scuola in un sereno concetto di benessere: affrontare lo sforzo sul piano cognitivo e operare relazioni sociali sono le problematiche maggiormente sentite dalle mamme.
In alcuni casi, infatti, i comportamenti dei propri figli tendono a far dedurre una disaffezione verso la scuola o almeno l’espressione di un disagio.
La lentezza dei bambini nel prepararsi al mattino per la scuola, la presenza di disturbi come il vomito e il classico mal di pancia sono gli indicatori rilevati a casa, mentre il pianto scolastico, l’estrema passività o l’aggressività vengono spesso comunicati dai docenti negli incontri con le famiglie.

Per contrapporsi al rifiuto della scuola, qualunque ne sia il motivo, i genitori possono fare molto imparando a comunicare con i propri figli.
Infatti, le difficoltà legate alla disciplina e allo studio vengono spesso vissute dall’alunno come una frustrazione e un senso di fallimento, soprattutto perché associate a un crollo delle aspettative dei genitori e degli insegnanti.

Occorre lavorare da subito perché il bambino riconquisti la propria autostima.
A casa mamma e papà devono, col gioco e col dialogo, recuperare ampi spazi di comunicazione col proprio figlio in cui vengano espresse le esperienze scolastiche (conoscere i tempi di attività nei banchi, i momenti di esperienze nei laboratori, la scelta dei compagni di gioco, le difficoltà incontrate nelle relazioni e nei compiti in classe…). Questo è necessario per aiutare il piccolo a metabolizzare in una dimensione domestica l’esperienza scolastica e a comunicarne eventuali disagi.

Ancora oggi purtroppo lo scarso rendimento scolastico di un alunno viene tradotto come limitata capacità e come scarsa “buona volontà”. L’osservazione, di contro, deve mirare a registrare i comportamenti (di disinteresse, di isolamento, di iperattività, di rifiuto) che possono essere espressione di disagi emotivi e relazionali.
I genitori, riconoscendo l’indole e il temperamento dei proprii figli, devono imparare a osservare e orientare la risoluzione di eventuali problemi che, congiuntamente alla scuola, vanno preventivamente affrontati e risolti.

Spesso in questo lo stesso genitore vive situazioni di sconforto nel confronto coi docenti intorno alle problematiche rilevate a scuola sul comportamento del proprio bambino, anche perché la modalità comunicativa dovrebbe essere propositiva: non basta per un genitore sentirsi dire “Dovrebbe portarlo dallo psicologo”.
Non sempre è così. Si parta dal presupposto che l’osservazione dei genitori è preziosa per riconoscere quanto e se a casa si manifestano comportamenti inadeguati simili a quelli del bambino a scuola. Ogni bambino ha bisogno di una personalizzazione di interventi in quanto diverse sono rispetto ai compagni le sue esperienze precedenti, quelle sociali e quelle familiari:
la disaffezione e la noia che può vivere verso la scuola vanno risolte con momenti di attività laboratoriali di tipo pedagogico, che lasciano emergere nel piccolo e nell’adolescente le proprie potenzialità, le proprie scelte e il proprio disagio.

Bisogna “parlare” molto, attraverso i canali più consoni all’età e al carattere dell’allievo: il disegno, la drammatizzazione, i laboratori creativi, la cronaca sono alcune modalità che aiutano a esprimere e comunicare emozioni.
Può essere importante trovare dei momenti di confronto psicologico tra genitori ed esperti che aiutino a capire cosa davvero si nasconda dietro al disagio scolastico, se solo la “svogliatezza” verso tutto ciò che riguarda il “mondo scuola”, oppure altri problemi, magari in ambito familiare.
Per esempio a volte è presente nelle mamme un’eccessiva preoccupazione delle dinamiche che possono avvenire a scuola oppure un’interpretazione inadeguata di esse. Risulta importante accogliere le richieste emotive dei figli e non sottovalutare nulla, dando spazio (che a volte manca nelle famiglie superimpegnate) alla comunicazione.

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