Il disegno racconta
Cosa rappresenta il disegno per un bimbo? Qual è il compito dell'insegnante quando uno scolaro disegna? Ce ne parla la dottoressa Maria Rita Esposito.

Cosa rappresenta il disegno per un bimbo? Qual è il compito dell'insegnante quando uno scolaro disegna? Ce ne parla la dottoressa Maria Rita Esposito.
La comunicazione nella relazione nel contesto educativo è la trasmissione partecipata di un messaggio tra due o più alunni, tra alunno e insegnante, tra alunni e insegnante: essa si qualifica per l’uso di canali verbali e non verbali e di codici (simboli e regole) scambievolmente interpretati.
Attraverso la comunicazione si attiva una determinata reazione di comportamento negli interlocutori: in particolare la reazione dell’altro segnala non solo ciò che è stato detto (verbale) o fatto (non verbale) quanto piuttosto ciò che è stato percepito del messaggio.
É fondamentale il fatto che la percezione di un messaggio è il processo attraverso il quale vengono elaborati ed interpretati gli stimoli in modo congruente con la personale mappa di rappresentazione del mondo esterno: infatti, tale interpretazione tende a lasciare “passare” gli stimoli che confermano la mappa preesistente, escludendo ciò che invece viene ritenuto “destabilizzante”, mettendo in atto meccanismi di difesa inconsapevoli, tra cui i più frequenti possono essere così sintetizzati:
Con l’ingresso alla scuola dell’infanzia l’acquisizione dell’autonomia personale e la capacità di coordinare i movimenti del proprio corpo rappresentano gli elementi di accoglienza nella comunicazione di ogni bambino: l’acquisizione dell’io corporeo, la capacità di autocontrollo, la percezione del corpo nello spazio, sono alcuni indicatori degli obiettivi praticabili nella progettazione didattica, che hanno come meta il passaggio dal “vissuto ” al “rappresentato”.
Dal correre, saltare, strisciare, assumere posture di animali, il bambino dai 2 anni e mezzo in poi passa alla percezione del sé nel tempo e nello spazio per giungere poi alla rappresentazione del corpo e del movimento.
In ognuna di queste fasi il disegno rappresenta uno strumento di rilievo nella progettazione educativo – didattica:
L’aspetto più piacevole per un alunno dai 3 ai 6 anni è quello di avere un tempo e uno spazio incondizionati: quando egli inizia la sua attività grafica e pittorica può esercitarla quando vuole (all’accoglienza, durante le attività di laboratorio artistico – espressivo, come verifica di un’esperienza didattica) e come vuole (disteso a terra in salone, su grandi fogli verticali “ad altezza di bambino”, sui banchetti, sull’asfalto del giardino (con i gessi).
Tali indicazioni metodologiche favoriscono il passaggio graduale dal principio di piacere a quello di realtà: con ciò si passa dall’accettazione del disegno spontaneo al contenimento dell’esperienza per finalizzarla ad un obiettivo prestabilito.
Se, infatti, da un lato essere creativi nell’espressione grafico – pittorica comporta maggiore duttilità e adattamento, dall’altro lato l’eccessivo uso della creatività (senza cioè contenimento di regole) comporterebbe un’assunzione di realtà artistica senza un aggancio con la realtà circostante.
Necessario è che il docente orienti ma non corregga. Quando l’insegnante corregge rischia di correggere il senso creativo dell’alunno: è pur certo che il docente, come regista attivo, orienta le esperienze ludiche dei piccoli dai 3 ai 6 anni, dando regole e riferimenti didattici, ma con ciò senza inibire il desiderio di esprimersi, di apprendere attraverso il gioco e di comunicare coi linguaggi del corpo e non verbali in genere.
Nel disegno vanno valorizzati:
Se volete scrivere alla dottoressa Maria Rita Esposito, porle domande, dubbi e quesiti, potete farlo scrivendo a mresposito@bambinopoli.it.
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