La fiaba della buona notte

Che le fiabe fossero importanti nel processo di crescita di un bambino è risaputo da tempo. Non a caso, anche in Italia, sono sorte diverse associazioni, prima fra tutti Nati per leggere, che promuovo la lettura ad alta voce come tappa obbligata nel percorso educativo di un bimbo e momento fondamentale per la creazione di un rapporto sano tra i genitori e il piccolo.

Che, però, addirittura la quantità di favole lette fosse in grado di determinare l’età in cui i bambini iniziano a parlare è notizia recente. Per l’esattezza è un dato fornito dal Ministero dell’Istruzione Britannica che, fotografando il grado di alfabetizzazione del Paese, è arrivato alle seguente conclusione: maggiore è il tempo che i genitori dedicano alla lettura con i loro figli, migliore è la loro capacità espressiva e di comunicazione.

Insomma, ciò che fa la differenza è il dialogo che mamma e papà riescono a instaurare con i bimbi, parlando e trovando il tempo di sedersi con loro per leggere e raccontare una favola.

Un tempo, infatti, questa era un’abitudine dalla quale non si poteva prescindere. La fiaba della buona notte faceva parte del rituale della nanna.

I bimbi, poi, erano accompagnati all’ascolto in classe, dalle maestre dell’asilo prima e della scuola poi.

Col tempo, però, e l’affermarsi di nuove tecnologie con conseguenti nuove modalità di relazione tra gli individui, tutto questo è venuto meno. I genitori sembrano essere sempre più occupati e il tempo che trascorrono con i loro figli è riempito in modo diverso (non sempre a discapito del dialogo. Sicuramente a discapito di vecchie tradizioni quali, appunto, quella della lettura ad alta voce). D’altro canto, anche il tempo dei bambini ha subito un’impennata verso la totale saturazione. Le giornate dei piccoli sono piene di cose da fare, impegni a cui adempiere, attività da seguire.

Il rapporto inglese afferma che i bambini che ascoltano, mediamente, 600 parole all’ora (di solito quelli appartenenti a classi meno agiate) sono svantaggiati rispetto a coloro che ne ascoltano 2000. Questi ultimi, infatti, non solo imparano a parlare prima rispetto ai loro coetanei, ma rivelano nel corso degli anni una maggiore propensione all’ascolto, alla lettura, alla socializzazione.

Insomma, le favole come strumento per insegnare ai bimbi a parlare. Ma anche come mezzo per recuperare un rapporto che troppo spesso è andato perdendosi.

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