L'anno ponte per gli stranieri
La dottoressa Maria Rita Esposito interviente in merito alla questione dell'introduzione dell'"anno ponte" per gli alunni di lingua straniera. Ecco le sue proposte.

La dottoressa Maria Rita Esposito interviente in merito alla questione dell'introduzione dell'"anno ponte" per gli alunni di lingua straniera. Ecco le sue proposte.
L’ultima contesa nel mondo dell’istruzione italiana sembra essere ora la mozione della maggioranza sull’istituzione nella scuola dell’obbligo di classi riservate agli alunni stranieri che non parlano o parlano poco la nostra lingua, le «classi d’inserimento ».
E da subito le polemiche hanno teso ad arginare il focus, piuttosto che a svilupparne percorsi e proposte di soluzione.
L’idea di promuovere una facilitazione degli alunni di altre culture all’adeguata inclusione didattica nelle scuole italiane è sicuramente un’idea educativo – formativa positiva, ma poca attenzione i media hanno dato sulle finalità pedagogiche a essa sottese.
É importante allora individuarle:
La genesi non è erroneamente, però, da ricercare nell’inserimento dell’alunno in quella classe, ma nell’ampia e complessa valutazione dell’organizzazione scolastica che va orientata a promuovere il bilinguismo e l’integrazione del bambino di cultura diversa all’italiano.
Un’ipotesi di soluzione è quella di investire fondi nella presenza di docenti specialisti di lingue, di lingue straniere, che possano favorire il mantenimento nell’alunno della lingua madre (per la sua importanza culturale, di identità e di autostima, di rispetto e di formazione) accanto all’apprendimento della lingua italiana.
Se queste sono le figure professionali che opererebbero nelle cosiddette “classi di inserimento” o “classi ponte” allora ben venga la funzionalità a una crescita linguistica e a un’offerta formativa davvero di qualità.
Se l’obiettivo è prevenire difficoltà di apprendimento legate alla doppia lingua parlata e scritta, sarebbe importante cominciare già dalla scuola dell’infanzia e prevedere progetti “Bilingue” già dai tre anni e in maniera forte già dai 5 anni, attraverso strategie metodologiche finalizzate allo sviluppo dei prerequisiti delle abilità di base relativi alla lingua.
L’anno ponte può essere quindi pensato, dal punto di vista progettuale, con attività laboratoriali all’interno dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia, fermo restando l’importanza di inserire gli alunni di culture diverse precocemente nelle scuole già a 3 anni.
Ci si potrebbe tuttavia trovare di fronte a situazioni contingenti di alunni giunti in Italia verso i 6 anni (quando inizia cioè il percorso formativo della scuola primaria) o successivamente: in tal caso si richiede, per il diritto allo studio, la personalizzazione di interventi linguistici attraverso progetti inseriti all’interno dei Piani dell’Offerta Formativa d’Istituto, o attraverso progetti finanziati come “Scuole Aperte” o “Pon”, che nella fattispecie locale possano essere spazi preziosi di apprendimento e di orientamento all’integrazione/inclusione didattica e relazionale dell’alunno di cultura diversa.
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