Le nuove frontiere del lavoro: coworking

Che il mondo del lavoro negli ultimi 10 anni sia cambiato è un dato di fatto. Cambiato in peggio, ritengono i più. Ed è vero. Le garanzie, la sicurezza, la stabilità economica sono venute meno. Così come il diritto ad averne uno e la certezza che a fronte di un determinato impegno è lecito aspettarsi una determinata “ricompensa”.
Tutto ciò ha dato vita a una generazione professionalmente instabile e incapace di fare progetti a lungo termine.
Naturalmente, in una simile situazione, a essere più penalizzate sono state proprio le donne. Che si sono trovate a dover affrontare, oltre alle difficoltà comuni a tutti, anche quelle relative alla complessità di gestire e conciliare vita professionale e vita familiare, spesso nella più totale assenza di infrastrutture e servizi atti a sostenere in modo concreto le famiglie (asili nido, strutture per la prima infanzia, agevolazioni per chi si trovasse nella situazione di assumere tate e baby sitter…).
Molte donne, però, partendo proprio da una situazione di svantaggio, sono state capaci di reinventarsi. Di trovare canali nuovi di affermazione. Nuove strade da esplorare con professioni tutte da definire. Il fenomeno delle mamme blogger è un esempio chiaro di quello che, a un certo punto, è accaduto. Molte di queste mamme si sono cucite addosso un lavoro che non solo le appagasse e consentisse loro di occuparsi dei figli e al contempo della propria attività ma che, alla lunga, fosse anche in grado di costituire un’entrata economica. Ed è solo un esempio di come parecchie persone, partendo da situazioni sfavorevoli, hanno avuto la forza e la determinazione di cambiarle.

In un contesto simile, fatto soprattutto di “liberi professionisti” autofinanziati e autoprodotti, si inserisce quella che è diventata una vera e propria pratica di lavoro, per lo meno nelle grandi realtà urbane, Roma, Milano, Torino…. E che all’estero ha già una consolidata tradizione decennale: il coworking.
Si tratta di un modo diverso di concepire gli spazi lavorativi che vengono, in qualche modo, condivisi. Nasce primariamente per ragioni di spesa, banalmente dividere il prezzo dell’affitto con altre persone, condividendo anche tutte le varie spese che un’attività qualunque si porta dietro (bollette della luce, del telefono, spese di portineria….). Ma risulta estremamente vantaggiosa, come soluzione, anche laddove si sia alla continua ricerca di sinergie con persone con attività simili o complementari alla propria, senza per questo perdere la propria indipendenza.
In pratica, la condivisione dello spazio lavorativo pur appartenendo a società diverse, diventa l’occasione per mettere in comune idee, progetti, risorse trovando spunto, dal lavoro altrui, per migliorare la propria attività. Il tutto continuando a rimanere autonomi e liberi di gestire al meglio il tempo a disposizione.

Anche in questo caso, una necessità contingente, quella di contenere i costi, ha dato vita a un nuovo modo di concepire il mondo del lavoro, tutto sommato più dinamico e creativo rispetto al passato. E anche in questo caso, a diventarne i principali sostenitori sono stati soprattutto i giovani e le donne, guarda caso le categorie più bistrattate dal mondo del lavoro tradizionale.

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