Rugby in età prescolare. Perché no?

Fino a qualche tempo fa era uno sport di serie B. Esistevano le squadre, qualche associazione lo proponeva tra i suoi corsi. In generale, però, la partecipazione era bassa e i bimbi che chiedevano di iscriversi erano pochi.
Con il tempo, però, anche il rugby è entrato nel cuore degli italiani e sebbene siamo ancora lontani dal giorno in cui questo superarà il calcio nel numero di iscritti e tesserati, senz’altro sono sempre più numerose le famiglie che lo scelgono in alternativa al più classico pallone.

Perché?
I motivi sono molteplici. Uno in particolare, però, sta convincendo sempre più genitori ad avvicinare i piccoli a questo sport, considerato tra i più corretti al mondo.
Il calcio, infatti, per lo meno in Italia, è uno sport altamente competitivo. Nell’immaginario collettivo, i padri (e le madri) che sognano di vedere il proprio figlio correre negli stadi più grandi coperto d’oro sono tantissimi. Rappresenta, nel nostro paese, quasi uno status symbol.
Per il rugby non è così. Di soldi, per lo meno finora, ne girano molti meno. La celebrità che regala è relativa. A reganre sovrane regole come fair play, correttezza in campo, gioco di squadra, spirito d’agonismo in un contesto sano, rispetto per l’avversario, rispetto dei propri limiti.
Se avete un figlio, anche piccolo, che gioca a calcio, sicuramente vi sarete accorti di quanta cattivera ci sia talvolta in campo e, sopratuttto, con conseguenze ben più gravi, sugli spalti. Anche nelle partite dei pulcini talvolta la competizione da togliere il piacere per quello che, inizialmente, con bambini molto piccoli, dovrebbe essere solo un gioco.
Nel rugby non è così. L’atmosfera è rilassata e tranquilla. Si gioca per divertirsi e sconfitte e vittorie fanno parte del gioco. Nessuno vede il proprio figlio calcare le orme di Maradona. Anche perché mancano, in Italia, modelli di riferimento di questo tipo.

PER CHI E DA QUANDO
Considerato uno sport per lo più maschile (in realtà nulla vieta che anche le bambine possano praticarlo. A renderlo un po’ ostico per loro è più che altro l’aspetto fisico. Soprattutto in età prescolare quando lo sviluppo osseo non è ancora completato e le bimbe risultano più fragili e sottili dei loro coetanei maschietti), il rugby viene proposto in modo strutturato a partire dai 6 anni di età con categorie che si susseguono a anni pari (Under 8, Under 10, Under 14….).
Sotto ai 6 anni, a praticarlo sono in particolare maschi dai 4 anni in su.
Trattandosi di un gioco di squadra, la scelta non è affatto sbagliata nemmeno con bambini così piccoli che vengono accompagnati al rispetto di regole e comportamenti base dello stare insieme agli altri, del gioco condiviso, della condivisione di obiettivi.
Dal punto di vista prettamente sportivo, le attività proposte sono per lo più propedeutiche a e consistono in una serie di esercizi, per lo più proposti sotto forma di gioco, che aiutano lo sviluppo psico-fisico del bambino e lo guidano verso l’apprendimento vero e proprio della disciplina sportiva che, normalmente, inizia in età scolare.

Sul rugby, potete approfondire l’argomento anche cliccando qui.

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