Placenta previa. Rischi e contromisure
Cos'è la placenta previa? Quali rischi può comportare durante la gravidanza e il parto? Quali sono le contromisure per evitare problemi durante l’attesa?
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di Alessia Altavilla La placenta è chiamata previa quando è installata nella parte bassa dell’utero, davanti alla parte di presentazione fetale. Se questa condizione non deve destare particolare preoccupazione nei primi mesi di gravidanza (fino più o meno alla trentesima settimana) dal momento che l’utero, aumentando di volume, tenderà a spingerla verso l’alto, con il procedere della gestazione, se la placenta non risale, è bene avere alcune accortezze per evitare problemi al feto.
SINTOMI
Si parla, appunto, di placenta previa solo con la seconda metà della gravidanza.
Il principale segnale di una simile situazione è rappresentato dal sanguinamento vaginale, con sangue di colore rosso intenso e sanguinamento indolore e, apparentemente, senza alcuna causa (raramente, infatti, si registrano contrazioni o dolore) che può essere intermittente e di diversa intensità.
Per quanto non vada sottovalutato, quindi, un sanguinamento indolore non è quasi mai sintomo di distacco di placenta ma segnale proprio di un posizionamento anomalo della placenta nell’utero.
In linea generale, perdite ematiche dovute a placenta previa non compromettono la salute del feto e non lo mettono in condizione di stress.
COSA FARE
È molto probabile che il ginecologo abbia già segnalato nelle settimane precedenti la presenza di placenta previa. Di fronte a un sanguinamento improvviso e indolore a partire dalla 28° settimana e a una diagnosi di placenta previa nella settimane precedenti è, quindi, molto probabile che non ci sia nulla di grave di cui temere e che la causa vada cercata proprio nella posizione della stessa.
A ogni modo, come sempre di fronte a episodi di perdite ematiche in gravidanza, è bene fissare una visita ginecologica che, tramite ecografia addominale e, in caso, transvaginale, accerterà o meno la presenza di placenta previa e ne classificherà la gravità secondo una scala che va da I e II grado (episodi meno gravi, spesso accompagnati da sanguinamento scarso o assente) a III e IV grado.
Nei casi meno gravi, la tendenza generale è tentare di portare avanti la gravidanza in modo naturale giungendo al termine delle settimane di gestazione e di optare per un parto vaginale.
In questi casi, di solito, alla mamma viene consigliato riposo, astensione dai rapporti sessuali e riduzione dell’attività fisica svolta.
Di fronte, invece, a una placenta previa di III e IV grado, dopo aver valutato anche l’intensità del sanguinamento, si opta di solito per un parto cesareo, talvolta anticipato per evitare sofferenze al feto.
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